Per gli Stati Uniti l’annessione è un furto di terre. Anche Erdogan critico verso la Russia. La Finlandia chiude la frontiera per i russi.
Dopo aver chiesto ai russi in piazza un minuto di silenzio per gli “eroi della Russia” che combattono in Ucraina, Vladimir Putin ha celebrato nella sala di San Giorgio del Cremlino l’annessione dei territori del Donetsk, Lughansk, Kherson e Zaporizhia che nel referendum farsa del 23 e 27 settembre hanno “scelto” di diventare russi.
Alla firma dei trattati di annessione hanno partecipato tutti e quattro i leader delle regioni che hanno forzatamente scelto la secessione dall’Ucraina per unirsi alla Russia.
Putin adesso può denunciare l’aggressione dagli ucraini e dall’occidente se si attaccano territori divenuti parte della Russia. Nel suo discorso ha aperto ai negoziati. Immediata la risposta di Volodymyr Zelensky, che si è detto disposto a negoziare solo se Putin se ne va. Il presidente russo ha fatto anche un passaggio sulla tragedia della fine dell’Unione Sovietica e ha insistito sul senso della patria e dell’unità del popolo russo. Putin insomma ha tentato di dare un’immagine al mondo molto diversa di quello che sta succedendo con centinaia di migliaia di cittadini che sono fuggiti verso le frontiere con Kazakhstan, Georgia, Mongolia, ma anche Finlandia prima che quest’ultima decidesse di vietare l’ingresso ai russi. Polonia e Paesi baltici hanno già chiuso le frontiere da un pezzo.
Continuano le accuse a distanza sulle esplosioni ai gasdotti Nord Stream. Nel frattempo è stata scoperta una quarta falla dopo le tre evidenziate in questi giorni. La Russia si difende dalle accuse di sabotaggio e rimanda al mittente puntando il dito sugli Stati Uniti. Intanto si inasprisce la tensione attorno al referendum di annessione dei territori occupati nel Donbass. Vladimir Putin ha firmato a Mosca i trattati di annessione, scatenando le reazioni internazionali.
Washington fa sapere che non riconoscerà mai il risultato del referendum che definisce un furto di terre. Sulla questione esce allo scoperto anche la Turchia, il cui presidente Recep Tayyp Erdogan è sempre stato morbido con il leader russo. Questa volta la scorza turca diventa più dura e da Ankara non si risparmiano critiche verso l’annessione. Erdogan ha detto a Putin che il referendum ostacola il dialogo.
Intanto, prosegue la fuga dalla Russia. La Finlandia ha annunciato che si adeguerà al blocco dei visto per i cittadini russi deciso dall’Ue e che chiuderà le sue frontiere. Nei giorni scorsi migliaia di persone si erano dirette verso il Paese scandinavo per fuggire a possibili richiami di guerra. Anche la Georgia sta assistendo a a un forte flusso di immigrati in fuga dalla Russia. Quest’ultima ha fatto allestire un check point vicino alla frontiera per arruolare i russi in fuga.
L’Unione Europea ha annunciato un nuovo pacchetto di sanzioni se Putin annette i territori del Donbass. Su questo punto è arrivata la replica del premier ungherese Viktor Orbàn, che dice di opporsi a nuove sanzioni. Già nei giorni scorsi, il sovranista Orbàn aveva puntato il dito contro l’embargo ai russi, minacciando un referendum per decidere sulle sanzioni.
Nel marasma generale, è arrivata la minaccia della Nato: “Attenzione, siamo pronti a reagire”. E chi deve intendere, intenda.