Libia nel caos. Cosa succede con le elezioni presidenziali

Le elezioni presidenziali in Libia erano previste per il 24 dicembre. Il processo elettorale è però fermo. Cosa succede nel caos libico?

Nessuno può prevedere cosa succede con le elezioni presidenziali in Libia del 24 dicembre in un Paese sempre più nel caos. Le parti in causa non si mettono d’accordo né per celebrare le elezioni né, tantomeno, per la loro cancellazione o rinvio.

L’unica cosa certa è che celebrare le elezioni il prossimo 24 dicembre è impossibile. A pochi giorni dalle consultazioni libiche, la Commissione Elettorale Nazionale non ha ancora pubblicato le liste dei candidati. In questo contesto, nessun organismo ufficiale e nessuna autorità libica vuole assumersi la responsabilità di cancellare le presidenziali.

Un osservatore internazionale che si trova a Tripoli ha detto al quotidiano spagnolo El Paìs che non ci sarà nessuna votazione il 24 dicembre. La vera questione, ha aggiunto la fonte, è capire se ci sarà un rinvio tecnico di una settimana oppure se ci sarà un percorso più lungo per andare a votare. L’osservatore, che ha voluto mantenere l’anonimato, riporta che a Tripoli ci sono molti miliziani, la situazione è tesa e le scuole sono state chiuse.

L’Onu, l’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno puntato tutto sulle elezioni del 24 dicembre e nessuno ha pensato a un piano B nell’eventualità che per qualche motivo fallisse l’appuntamento elettorale. Inoltre, il governo di transizione che si è insediato a marzo 2021 concluderà il proprio mandato il 24 dicembre e nessuno può prevedere se e quando sarà prorogato.


Chi sono le figure chiave della crisi attuale in Libia?

La prima è l’attuale primo ministro del governo di transizione Abdelhamid Dabeiba. Imprenditore miliardario di 61 anni, Dabeiba è originario di Misurata e la sua famiglia si è arricchita durante gli anni della dittatura di Gheddafi. Il premier aveva dichiarato inizialmente che non si sarebbe candidato alla presidenza. Successivamente ha cambiato idea e ha annunciato la sua candidatura.

La seconda figura chiave è Saif el Islam Gaddafi. Figlio preferito del dittatore libico Muhammar Gheddafi, il 49enne Saif si è presentato alle elezioni come candidato presidente.

Il terzo personaggio influente è il generale Khalifa Haftar. L’uomo forte di Bengasi, 78 anni, è considerato un criminale di guerra a Tripoli e Misurata. Nel resto della Libia, molti lo ritengono invece il solo che potrebbe riportare stabilità in Libia.


Libia, un paese diviso

Il Paese è sostanzialmente diviso in due, con istituzioni diverse e parallele. Nell’est si trova la sede del Parlamento e governa il generale Haftar, A ovest c’è la sede del governo di transizione, con sede a Tripoli, appoggiato dall’Onu. Nella capitale Tripoli la situazione è molto complessa per la presenza di diverse fazioni di miliziani che si contendono il territorio.

Ciascuna delle due parti di territorio libico, l’est e l’ovest, sono sostenute da alleati potenti e da gruppi di miliziani. La parte orientale, dove domina il generale Haftar da Bengasi, è sostenuta da Russia, Egitto, Emirati Arabi Uniti. Anche la Francia dà un sostegno diplomatico. La parte occidentale, con la capitale Tripoli, è appoggiata dalla Turchia.

Entrambe le parti, est e ovest, hanno firmato un cessate il fuoco nell’ottobre del 2020. Gli scontri sono però continuati a colpi di bande armate e milizie da entrambe le parti. Da una parte ci sono i mercenari russi della rete Wagner, sanzionati dall’Ue, che sostengono il generale Haftar. La Russia ha però sempre smentito la presenza di mercenari nel Paese. Dall’altra parte, a Tripoli e Misurata, ci sono ufficiali turchi che addestrano le milizie.

Risuonano più fori che mai le parole del politologo francese Antoine Basbous su Le Figaro: “Come si può pensare di instaurare una democrazia senza democratici … e in presenza di forze armate straniere?”.

Leave a Reply