A Pretoria sono iniziati i negoziati di pace dopo due anni di conflitto tra governo dell’Etiopia e forze del Tigray, la regione settentrionale del Paese africano.
I negoziati di pace per l’Etiopia sono cominciati ufficialmente a Pretoria in Sudafrica e proseguono fino al 30 ottobre. I colloqui sono l’opportunità per mettere fine a due anni di conflitto tra l’esercito etiope e le forze della regione settentrionale del Tigray. La guerra civile ha causato migliaia di morti e milioni di sfollati. Ha portato alla fame centinaia di migliaia di persone nel secondo Stato africano più popoloso. Ha destabilizzato anche il Corno d’Africa.
La crisi del Tigray in Etiopia spiegata in cinque punti
Avviati grazie alla mediazione dell’Unione Africana, i negoziati avvengono nel momento in cui l’esercito regolare d’Etiopia sta ottenendo successi importanti sul campo di battaglia e ha riconquistato diverse grandi città del Tigray nell’ultima settimana.
L’offensiva militare del governo è stata condotta congiuntamente all’esercito dell’Eritrea e ha aumentato la preoccupazione di gravi conseguenze per la popolazione civile. Tanto da unire i leader dei paesi africani, d’ Europa e Stati Uniti e perfino Papa Francesco nel fare un appello alle parti combattenti per il cessate il fuoco.
Etiopia e Eritrea, un’alleanza di convenienza
Il team dell’Unione Africana che sta mediando i negoziati è guidato dall’ex-presidente nigeriano Olusegun Obasanjo, insieme all’ex-presidente kenyano Uhuru Kenyatta e l’ex-vice presidente sudafricano Phumzile Mlambo-Ngcuka. Nazioni Unite e Stati Uniti hanno inviato osservatori per il negoziato in corso.
Il conflitto scaturisce dai rancori che risalgono a quando il Fronte per la Liberazione del Popolo del Tigray (Tplf), un movimento ribelle trasformato in partito politico, ha guidato la coalizione di governo in Etiopia per circa tre decenni e fino al 2018.
Dopo che quella coalizione ha perso il potere a livello nazionale, il TPLF, ancora potente nella sua roccaforte settentrionale, è andato in rotta di collisione con il governo federale guidato dal primo ministro Abiy Ahmed.
Il governo ha accusato il TPLF di cercare di ripristinare il suo dominio nazionale, mentre il TPLF ha accusato a sua volta il governo Abiy di opprimere i “tigrini” e di centralizzare eccessivamente il potere.
La delegazione del Tigray ha dichiarato che l’obiettivo dei colloqui in Sud Africa è l’immediata cessazione delle ostilità, l’accesso illimitato nel Tigray per gli aiuti umanitari e il ritiro delle forze eritree.
Il governo ha invece spiegato di vedere i colloqui come un’opportunità per risolvere il conflitto e “consolidare il miglioramento della situazione sul campo”, apparentemente in riferimento ai suoi progressi militari nel Tigray.