I rischi per la Cina dopo il ritorno dei talebani a Kabul. Pechino teme che gli estremisti possano riorganizzarsi nella regione.
La soddisfazione cinese per la perdita del prestigio e dell’influenza americana dopo la caduta di Kabul è durata fino alla partenza dell’ultimo soldato Usa dall’aeroporto Hamid Karzai.
La Cina teme i pericoli che potrebbero arrivare per la sua sicurezza e stabilità dal rovesciamento del potere in Afghanistan e dal nuovo quadro geopolitico che ha trasformato il contesto delle relazioni tra le due superpotenze.
Le autorità cinesi guardano con preoccupazione alla possibilità che i gruppi estremisti possano usare l’Afghanistan per riorganizzarsi lungo la frontiera occidentale e seminare violenza nella regione. Questi gruppi possono avere contatti e influenzare le forze separatiste e autonomiste dentro la Cina. Come per esempio gli uiguri nella regione dello Xinjiang.
Il ritiro militare degli Stati Uniti potrebbe inoltre consentire al Pentagono di rivolgere i suoi progetti e destinare le sue forniture militari al contrasto della potenza cinese attraverso l’Asia.
I rischi per la Cina arrivano dagli stessi talebani. Pechino ha dichiarato in più occasioni di avere avuto la garanzia dagli uomini del califfato afgano che il territorio non sarà utilizzato per organizzare e lanciare attacchi dentro la Cina. Tuttavia, come ha riportato il New York Times -International Edition del 23 agosto, è poco chiaro quale sia l’influenza di Pechino sui nuovi padroni dell’Afghanistan.
La Cina si gioca molto con l’Afghanistan. Se la vittoria talebana crea un’instabilità regionale, potrebbe distruggersi il progetto cinese della Belt and Road Iniziative, la cosiddetta nuova Via della Seta. Il programma prevede ingenti finanziamenti del gigante asiatico per costruire infrastrutture in tutta la regione.
Le mani della Cina sull’Afghanistan
A Pechino sono particolarmente interessati alla sicurezza di tutta la regione circostante l’Afghanistan. Stati come il Tajikistan, il Pakistan, il Kirghizistan e il Kazakhstan sono strategici per il grande progetto della via della seta. Se uno di questi entra in crisi, gli altri potrebbero cadere come birilli in un gigantesco effetto domino. I cinesi non possono permetterselo e così seguono con attenzione gli sviluppo regionali successivi all’avvicendamento di potere a Kabul.
Nel mese di luglio nove lavoratori cinesi sono morti in un attentato contro un bus in Pakistan. L’attacco è stato attribuito a un gruppo estremista operativo in Afghanistan. Comprensibile quindi le preoccupazioni in Cina.
Sul piano internazionale, il ritiro militare degli Stati Uniti permette a Washington di rifocalizzare l’attenzione su Pechino. Lo stesso presidente Joe Biden ha detto in uno dei discorsi alla nazione che il lungo impegno militare in Afghanistan ha distratto gli Usa dalle loro priorità geopolitiche.
Per questi motivi, sembra improbabile che le autorità cinesi riconoscano in tempi brevi il governo talebano. Una settimana prima del collasso di Kabul, i rappresentanti di Cina, Stati Uniti, Russia e Pakistan si sono incontrati nel Qatar per confrontarsi su una via d’uscita per l’Afghanistan. Nel summit non è stata definita alcuna linea da tenere con i talebani: negoziare o isolarli? A Washington, Mosca e Islamabad sembrano avere le idee chiare e puntare sul mantenimento dei contatti. Da Pechino non si capisce cosa intendano fare. Forse la risposta sta nelle parole di Wu Baiyi, ricercatore dell’Accademia di scienze sociali di Pechino: “Se la Cina decide di dare supporto ai talebani, dovrebbe farlo con il benestare dell’Onu e degli altri gruppi regionali”.