Sudan: perché il premier Hamdok si è dimesso

Le dimissioni del primo ministro erano attese. Il Sudan verso un punto di svolta pericoloso?

Senza più appoggio politico e pubblico, il primo ministro del Sudan si è dimesso senza troppe sorprese.

Il governo del premier sudanese Abdallah Hamdok è durato meno di due mesi. Dopo settimane di tensioni e scontri tra manifestanti e militari, il premier del Sudan ha annunciato le sue dimissioni in diretta televisiva.

Lo scorso 21 novembre 2021, sempre in televisione, il primo ministro aveva annunciato insieme al capo della giunta militare golpista – il generale Abdel Fattah al-Burhan – la firma di un accordo politico di 14 punti per formare un nuovo governo dopo il secondo colpo di Stato messo in atto dalle forze armate sudanesi.


Cos’è successo in Sudan

Il paese africano ha vissuto un travaglio politico continuo dopo il golpe militare che ha abbattuto il regime di Omar al-Bashir nell’aprile 2019. Ecco le fasi salienti che hanno portato alle dimissioni del premier sudanese:

  • 17 aprile 2019: Alla guida del Paese si è insediato il Consiglio militare transitorio, composto dai militari golpisti che hanno fatto dimettere e poi arrestare l’ex-presidente Omar al-Bashir al governo da 30 anni;
  • 5 agosto 2019:  I militari e l’opposizione firmano un’intesa che prevede l’entrata in vigore della nuova Costituzione sudanese e la formazione di un governo transitorio che rimarrà in carica per tre anni;
  • 22 agosto 2019: a seguito dell’intesa, si crea il Consiglio Supremo che deve guidare la transizione e si nomina il premier che dovrà traghettare il Paese per i prossimi tre anni verso un assestamento democratico. Il nuovo premier è Abdalla Hamdok, già diplomatico di carriera;
  • 9 marzo 2020: Il premier del Sudan, Abdallah Hamdok, è sopravvissuto a un attentato nella capitale Karthoum. L’attacco, un’esplosione con autobomba, è avvenuto contro il convoglio del primo ministro diretto verso l’ufficio governativo. Hamdock è incolume;
  • 25 ottobre 2021: Dopo mesi di tensione continua tra le fazioni civili e militari del governo sudanese, le forze armate hanno preso il potere con un colpo di Stato. L’esercito del Sudan ha dichiarato lo Stato di emergenza, ha sciolto il governo di conciliazione, ha arrestato molti leader politici tra i quali il primo ministro Abdallah Hamdok. Il premier è stato trasportato in una località sconosciuta. Il 27 ottobre si è appreso che il premier è stato rilasciato. I militari avevano già tentato nel mese di settembre 2021 un golpe, poi fallito;
  • 21 novembre 2021: nasce il secondo governo Hamdok a seguito di un accordo politico di 14 punti per la condivisione di potere tra civili e militari.

Il Sudan dopo la formazione del secondo governo Hamdok

Il 21 novembre 2021 nasce dunque il secondo governo Hamdok. In Sudan tutti assistono alla diretta televisiva della firma dell’accordo politico presso il palazzo presidenziale di Kartoum. L’intesa deve garantire una condivisione dei poteri tra civili e militari e guidare la transizione politica verso la democrazia interrotta dopo il golpe del 25 ottobre.

Hamdok, che era stato arrestato e poi rilasciato dai militari, annuncia in tv che ha accettato la proposta dei golpisti di un incarico a primo ministro per “evitare un ulteriore bagno di sangue”. Dopo il colpo di Stato del 25 ottobre sono già alcune decine i civili uccisi dalle forze di sicurezza nel corso delle proteste.

In realtà, la formazione del nuovo governo non ha messo fine al “bagno di sangue” per usare le parole dello stesso premier sudanese. A migliaia scendono in piazza per protestare contro il colpo di Stato e il nuovo governo sbilanciato verso la componente militare rispetto a quella civile. I morti sono arrivati a 57 ma il numero è destinato a aumentare. Dodici ministri del nuovo governo si dimettono a seguito delle proteste.

I manifestanti pro democrazia contestano la presa del potere dei militari e accusano lo stesso Hamdok di tradimento per avere firmato un accordo che continua a dare una preminenza ai militari nel governo. A seguito di questo il premier annuncia le sue dimissioni, come detto, in televisione.

Nel suo discorso il primo ministro spiega che ha provato a fare del suo meglio per impedire che il Sudan scivolasse nel disastro. Ha puntato il dito contro la complessa frammentazione tra le componenti politiche del governo, civili e militari, e ha detto che ora il Sudan rischia di avviarsi vero un punto di svolta che minaccia la sua stessa sopravvivenza.

Un discorso duro e severo quello di Hamdok in cui non ha risparmiato colpi a nessuno.


Perché Hamdok si è dimesso

Le dimissioni del premier sudanese non hanno sorpreso più di tanto perché erano nell’aria e attese. Lo spiega il network Al Jazeera che scrive che era “solo una questione di tempo”. Il gruppo mediatico riporta che da settimane diverse fonti sudanesi, sia politiche che intellettuali, parlavano di imminenti dimissioni del premier.

Hamdok ha accettato l’incarico a formare il secondo governo dopo essere stato liberato dagli stessi militari. E l’accordo che ha firmato prevedeva un peso maggiore della componente militare rispetto a quella civile. Probabile anche che la sua liberazione sia avvenuta per la pressione internazionale e le richieste dell’Onu.

I golpisti hanno probabilmente usato la sua persona per accreditarsi nuovamente a livello internazionale. E quale mossa migliore di provare la buona volontà di fronte al mondo se non quella di nominarlo addirittura primo ministro dopo averlo rovesciato con un golpe militare?

Il consenso politico verso il primo ministro era altissimo al momento della formazione del primo governo il 22 agosto 2019. La scelta di alcune severe misure economiche – molto pesanti per la debole economia sudanese- ha fatto crollare le sue “azioni politiche”. Hamdok, diplomatico e anche economista per le Nazioni Unite, ha disilluso molti sudanesi che vedevano in lui l’uomo della rinascita del Paese soprattutto per la sua lunga esperienza nel campo economico-finanziario. Il colpo di grazia al suo consenso è arrivato definitivamente con l’accordo firmato a novembre con il generale golpista al-Burhan.

Le dimissioni del premier ribaltano anche tutto il progetto della giunta militare. Chi pensava che i sudanesi si sarebbero calmati con un nuovo governo Hamdok si sbagliava di grosso. I militari golpisti, infatti, non avevano fatto i conti con la storia recente che ha messo in mostra la caparbietà dei gruppi democratici sudanesi che hanno manifestato a oltranza per mesi lanciando una lunga campagna di disobbedienza civile iniziata con il deposto al-Bashir e proseguita con i militari golpisti. A quelle proteste, per di più, Hamdok non ha partecipato in quanto viveva all’estero come funzionario Onu. Probabile che a molti sudanesi questo particolare non sia sfuggito nel momento in cui ha scelto misure economiche dure per il paese.

Senza più alcun supporto politico e neppure pubblico, il primo ministro sudanese è stato costretto a dimettersi.

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