Se vince la Russia siamo nel caos perché prevale la legge del più forte. Così ha detto il ministro francese a Kiev. Putin e Netanyahu, così vicini così lontani.
Così vicini, così lontani, Vladimir Putin e Benjamin Netanyahu hanno più cose in comune di quanto si immaginino.
I due leader arrivano da percorsi politici diversi.
Il presidente russo si è formato nell’apparato dei servizi segreti sovietici. E’ approdato alla politica nel delicatissimo periodo dello scioglimento dell’Urss, della nascita della Comunità degli Stati Indipendenti e della Federazione Russa.
Il premier israeliano ha fatto il suo percorso politico tutto dentro la destra israeliana, ha ruoli politici da oltre 30 anni e, con la rapidità di un camaleonte, ha cambiato maggioranze a destra a sinistra e, attualmente, con la destra oltranzista israeliana.
Ex-comunista imbevuto dell’ortodossia statalista il primo, conservatore moderato che ha sposato le teorie politiche più ortodosse il secondo. Entrambi inseguono lo stesso obiettivo: far valere la legge del più forte.
E’ più che condivisibile quanto ha detto oggi ministro degli Esteri francese Jean-Noel Barrot, in visita a Kiev: “Se la Russia vince, sarebbe il caos perché significherebbe la vittoria della legge del più forte”.
Le parole del capo della diplomazia del presidente Emmanuel Macron esprimono una preoccupazione profonda. La legge del più forte significa rovesciare l’ordine internazionale come l’abbiamo finora costruito. Un sistema di equilibri internazionali fondato sui principi contenuti nella Carta dell’Onu e nelle consuetudini internazionali, che fanno del divieto dell’uso e della minaccia della forza un punto centrale della stabilità internazionale.
Soprattutto, se prevale la legge del più forte si svuota il diritto internazionale. Quattro secoli di storia dedicati a costruire un quadro di regole dei rapporti tra gli Stati si disferebbe come un gomitolo lasciato rotolare in discesa.
Ci sono voluti secoli per dare forma a principi come il diritto del rispetto della sovranità statale, quello di non aggressione, di integrità territoriale, di divieto dell’uso della forza e di regolarizzazione della rappresaglia e della legittima difesa di uno Stato.
Putin e Netanyahu sono entrambi aggressori, seppur in modi diversi.
Il primo ha dato vita alla prima aggressione di uno Stato verso un altro Stato in Europa come non si vedeva da almeno 50 anni. L’ultima aggressione in Europa è stata quella dell’ex-Unione Sovietica alla Cecoslovacchia nel 1968.
Il secondo diventa un aggressore per la reazione sproporzionata all’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Netanyahu ha lanciato un’offensiva a Gaza molto pesante, non si è fermato per un cessate il fuoco o per trattative ma ha continuato attaccando il Libano, la Siria e lo Yemen, ha lanciato un’incursione interna all’Iran per uccidere un capo di Hamas (Hanyieh), ha approfittato della situazione per demolire definitivamente la prospettiva di uno Stato palestinese. Ora sta preparando piani di guerra per attaccare l’Iran. Netanyahu insomma sta facendo quello che per il diritto internazionale è una rappresaglia sproporzionata oltre che un superamento del principio di legittima difesa.
Putin e Netanyahu sembrano fregarsene altamente del diritto internazionale. Sotto questo aspetto ricordano Federico II di Prussia nel momento in cui le sue armate entrarono nella Slesia austriaca nel 1741 senza una formale dichiarazione di guerra. Il re di Prussia giustificò l’attacco in questo modo: “I miei giuristi sapranno trovarmi una giustificazione”.
Vladimir Putin non ha fatto alcuna dichiarazione di guerra all’Ucraina. L’ha invasa e basta. Tanto che per due anni non ha mai usato la parola guerra ma la più generica formula, sconosciuta al diritto internazionale, di “operazione militare speciale”. Benjamin Netanyahu ha usato il diritto di Israele alla difesa e sicurezza per fare i conti con i palestinesi, i libanesi, i siriani, gli yemeniti e gli iraniani.
Entrambi, Putin e Netanyahu, mostrano indifferenza al senso di responsabilità internazionale che i capi di Stato o di governo devono avere nei confronti della pace e della stabilità internazionale. I leader russo e quello israeliano aprono la strada a possibili escalation della guerra a livello regionale o persino globale.
La guerra di Putin e Netanyahu ricorda la concezione bellica di Thomas Hobbes. La sua celebre frase “Bellum omnium contra omnia” (La guerra di tutti contro tutti) si adatta ai due leader. Hobbes descrive la natura come uno stato di guerra permanente e universale. E’ una situazione in cui non esiste alcuna legge dove ogni individuo segue il suo istinto e cerca di danneggiare gli altri o eliminare chiunque sia di ostacolo ai propri desideri. E’ quello a cui aspirano Putin e Netanyahu.