L’ultima proposta di un piano di uscita dall’Ue ha segnato il declino della premier britannica. Perché Theresa May si è dimessa.
Perché Theresa May si è dimessa? Che la May fosse contro tutti sulla Brexit o tutti fossero contro la premier britannica era evidente da tempo. Da oltre un anno la leader conservatrice stava affrontando un difficilissimo momento politico.
L’ultima puntata è andata in scena il 21 maggio quando ha annunciato l’ennesimo piano di uscita dall’Ue. Certo più leggero rispetto a quello originario. Ma strizzava l’occhio ai laburisti; e apriva a un referendum sull’accordo dopo l’approvazione del Parlamento. La novità del nuovo progetto di Downing Street era anche nella proposta di un patto per gli scambi economici con Eurolandia.
La proposta May non era gradita negli ambienti tories. I mal di pancia tra i conservatori moderati e tra i falchi erano molti. E le conseguenze non sono mancate. Infatti, la premier ha annunciato le sue dimissioni con effetto dal 7 giugno. Il tempo di rieleggere un nuovo capo del partito che farà il primo ministro.
Già nei giorni scorsi, a seguito dell’annuncio della presentazione di un nuovi piano di uscita, la stampa britannica scriveva di tensioni tra i conservatori. Qualche giornalista aveva anche ipotizzato la possibilità di dimissioni. Dimissioni che oggi sono arrivate davvero. Un clima surreale, quasi rappresentazione simbolica di un destino beffardo che ha portato gli inglesi anche a votare alle elezioni europee. Beffardo perché lo scorso 29 marzo Londra avrebbe dovuto essere fuori dall’Ue. Invece, non solo rimane dentro con un piede solo ma deve anche mandare i suoi rappresentanti nel Parlamento Europeo di Bruxelles.
La May si è dimessa quando ha compreso di essere rimasta sola. Il rifiuto generalizzato tra le fila del partito conservatore verso il suo ultimo piano per una soft Brexit ha convinto la premier che era arrivato il momento di mollare. Quindi, con il portone di Downing Street alle spalle, Theresa May ha annunciato le sue dimissioni. E lo ha fatto usando parole semplici, provando senza riuscirci a mostrare serenità. Troppa l’emozione, tanta la stanchezza per la battaglia senza fine sulla Brexit. E alla fine la voce di chi sta per scoppiare in pianto, e le lacrime. Una frase prima di rientrare nella residenza dei premier britannici: “Un grande ringraziamento per avere avuto l’opportunità di servire il Paese che amo”. Un ultimo, appassionato omaggio e attaccamento alla sua Gran Bretagna.
A dare sostegno alla May erano rimasti una decina di conservatori del suo partito che hanno espresso il loro dissenso verso una Brexit senza accordo (Hard Brexit), ipotesi considerata una catastrofe per il Paese. Bruxelles inoltre ha mandato chiari segnali che non intende fare ulteriori concessioni. Per cui se gli euroscettici dentro i tories esultano per avere ottenuto la testa della prima ministro, avranno poco da esultare quando capiranno di avere ottenuto una vittoria di Pirro. La stabilità economica britannica è a rischio con un’uscita senza accordo. Il tempo stringe e soluzioni all’orizzonte non se ne vedono.