L’ipocrisia alla trilaterale di Teheran

Nella capitale iraniana si siedono a un tavolo i leader massimi di Iran, Russia e Turchia. Hanno parlato di Siria ma non solo. La trilaterale di Teheran ha fatto solo tanto fumo. Vediamo cos’è successo.

Fa un po’ sorridere la dichiarazione congiunta di Iran, Russia e Turchia rilasciata al temine della trilaterale di Teheran. Ecco alcuni passaggi: “contrastare i tentativi di far nascere sul territorio (Siria, n.d.r) nuove realtà autonome incluse le iniziative illegittime di autonomia“. Secondo passaggio: i tre Stati “si impegnano per l’integrità territoriale, l’unità, la sovranità e l’indipendenza della Repubblica Araba siriana e si impegnano (e qui viene la parte più folkloristica) per gli obiettivi e i principi della Carta delle Nazioni Unite”.

La dichiarazione finale del vertice di Teheran sarebbe passata inosservata se non fosse che a firmarla c’era Vladimir Putin. Insieme a lui anche il presidente turco Recep Tayyp Erdogan e quello iraniano Ebrahim Raisi.

Tre leader uniti in un vincolo matrimoniale di convenienza nel quale ciascuno gioca la propria partita personale e cerca di tutelare il proprio interesse nazionale. Al centro dell’incontro la Siria, ma anche la cooperazione diplomatica e quella economica, la condanna per il blitz israeliani in Siria.

Putin dunque predica bene ma razzola male. Va a Teheran a parlare di bloccare le iniziative illegittime di autonomia, mentre in Europa bombarda e uccide migliaia di persone, bambini inclusi, nel nome dell’indipendenza delle repubbliche del Donbass (che ovviamente non sono per Putin iniziative illegittime di autonomia). Allo stesso tempo si erge a difensore dei principi e valori della Carta dell’Onu, lui che ha aggredito un Paese sovrano e indipendente violando una dozzina di principi fondamentali di quella Carta, primo fra tutti il divieto di uso e minaccia della forza. Mentre Putin sottoscriveva questa dichiarazione, il suo esercito colpiva scuole e abitazioni in Ucraina orientale e meridionale.

Erdogan sottoscrive quella dichiarazione insieme a Putin. Un leader di un Paese membro della Nato incontra personalmente il presidente russo da quando ha aggredito l’Ucraina. E’ il primo di uno Stato della Nato. A Erdogan interessa impedire la nascita di un  territorio autonomo curdo ai suoi confini. La Turchia ha compiuto incursioni nell’ultimo anno dentro il territorio siriano con l’intento di colpire i separatisti curdi. La dichiarazione congiunta gioca quindi a favore del leader turco quando riporta che i tre Paesi si impegnano a contrastare iniziative di autonomia sul territorio siriano.

I tre leader hanno ribadito l’importanza del percorso diplomatico di Astana (il tavolo tra le parti del conflitto siriano ndr), sottolineando che non può esserci stabilità in Medio Oriente se non si mantiene l’integrità territoriale della Siria. Non deve pensarla così Vladimir Putin sulla stabilità in Europa dal momento che vuole cancellare l’Ucraina e frammentarla territorialmente. Oppure ha le idee molto confuse.

 

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