La Russia ammette la crisi dei rapporti con gli Stati Uniti

Il documento di capodanno sulla strategia per la sicurezza nazionale russa definisce Stati Uniti e loro alleati una minaccia per la Russia. Sotto accusa la ostpolitik della Nato e l’accerchiamento secondo modelli da Guerra Fredda.

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Il presidente russo Vladimir Putin e quello Usa Barack Obama

Gli Stati Uniti e la Nato sono una minaccia per la sicurezza nazionale della Russia. Lo riporta il documento “Strategia nazionale per la sicurezza della Federazione russa”, firmato a capodanno da Vladimir Putin.

Per la prima volta il Cremlino ammette in un atto ufficiale che gli Usa e i loro alleati sono un pericolo, ufficializzando il deterioramento delle relazioni tra Mosca e il suo “fronte occidentale”.

Gli strateghi russi danno anche la spiegazione dei motivi che fanno ritenere una minaccia Stati Uniti e Nato.

Il ruolo della Russia nel mondo è cresciuto, si scrive nel documento. L’intervento di Mosca per la soluzione dei problemi internazionali ha rafforzato il peso mondiale del gigante eurasiatico.

La conseguenza, scrivono gli sherpa del Cremlino, è la reazione di Stati Uniti e loro alleati, che non possono accettare la politica internazionale autonoma condotta dalla Russia sul palcoscenico mondiale.

Una politica, quella di Mosca, che mette in discussione il tentativo di Stati Uniti e alleati di rimodellare l’ordine internazionale e consolidare l’egemonia negli affari globali.

Uno stato cercherà di cambiare il sistema internazionale attraverso l’espansione territoriale, politica ed economica fino a quando i costi marginali di un ulteriore cambiamento non supereranno i benefici marginali (Robert Gilpin)

L’espansione a est della Nato appartiene a questa logica. Naturale quindi che la Russia consideri una minaccia alla sua sicurezza nazionale la ostpolitik della Nato, una strategia di accerchiamento dal sapore forte di Guerra Fredda (leggi l’articolo Nato-Russia, le origini della crisi)

Analisti e osservatori internazionali dovrebbero ripensare alla teoria del professor Robert Gilpin, docente di relazioni internazionali all’università di Princeton. Il suo schema sul mutamento politico internazionale prevedeva, tra gli altri punti, che: “Uno stato cercherà di cambiare il sistema internazionale attraverso l’espansione territoriale, politica ed economica fino a quando i costi marginali di un ulteriore cambiamento non supereranno i benefici marginali”. Quali siano i benefici dell’espansione a est della Nato e quando i costi potranno arrestare il tentativo egemonico potrebbe essere argomento di analisi interessanti per capire fin dove si spingerà la tensione tra Russia e Usa.

Il documento, che non menziona mai la Siria, serve come base di pianificazione strategica della sicurezza nazionale a diversi corpi dello stato russo. L’ultimo documento fu realizzato da Dmitry Medvedev nel 2009, allora presidente della Russia e oggi premier.

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