Gli Stati Uniti accusano la Cina di portare armamenti su un’isola contesa nel Pacifico. La tensione tra le due potenze segna il vertice annuale sulla sicurezza del sud est asiatico. Le linee confuse della politica Usa verso l’Asia orientale.

Gli Stati Uniti hanno accusato la Cina di aver introdotto mezzi di artiglieria su un’isola che è al centro di una contesa nel Pacifico. Per il senatore Usa John McCain “si tratta di un fatto grave che può dare luogo a un’escalation”. Un portavoce del Pentagono ha confermato all’agenzia Reuters che gli Stati Uniti sono al corrente dell’esistenza di questi armamenti. Di parere diverso una portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Hua Chunying, che ha detto di non avere alcuna informazione al riguardo.
La tensione tra Washington e Pechino non si placa neppure durante il forum sulla sicurezza dell’Asia del Pacifico in corso a Singapore. Così, le rivendicazioni territoriali di Pechino nel Mar Cinese Meridionale e l’inquietudine degli Stati Uniti hanno inevitabilmente dominato gli umori del vertice.
Secondo alcuni analisti militari citati dalla Reuters, l’introduzione sull’isola degli armamenti rappresenta più il valore di una dichiarazione di principi che l’intenzione di destabilizzare l’area.
La rivendicazione territoriale cinese riguarda ampie zone del Mar Cinese Meridionale. Ma sulla stessa area, che è anche un’importante rotta commerciale, hanno ambizioni le Filippine, la Malesia, il Vietnam, Taiwan e il Brunei. Con l’intento di “colonizzare” l’area, i cinesi hanno avviato la costruzione di isole artificiali nelle zone contese. Da qui la tensione con gli Stati Uniti.
Washington calcola che i cinesi hanno realizzato almeno una superficie di 800 ettari in prossimità delle isole Spratly. Di conseguenza, la retorica di accuse reciproche tra Usa e Cina sembra inarrestabile.
Nell’Asia del Pacifico Washington gioca una parte della sua partita globale di politica estera. La dichiarazione del senatore repubblicano John McCain non è una casualità. Il Congresso e la Casa Bianca stanno conducendo due politiche estere diverse a livello globale. Due piloti sulla stessa macchina che cercano di guidare in due direzioni opposte. Con il risultato che la strategia di Washington e i suoi obiettivi mondiali appaiono più confusi dando un’immagine di debolezza della potenza americana. L’area del Pacifico appartiene a questo schema. Per Barack Obama il contenimento della Cina è la priorità principale. Per farlo non ha esitato a mettere in moto una pressione diplomatica e commerciale con il Trans-Pacific Partnership. Per il Congresso, a maggioranza repubblicana, la questione cinese è secondaria. Il che non significa soft policy. Al contrario c’è tra i repubblicani del Congresso, come lo stesso McCain, un accento più bellicoso: Perché la Cina è un rivale geopolitico, ma soprattutto è ancora percepita come la Cina rossa. Il contenimento di Obama punta a frenare la potenza crescente cinese potenziando l’influenza americana nell’Asia del Pacifico. La vision del Congresso marchiato repubblicano punta a fermare la Red China riarmando e preparando una guerra.
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