Il tema del seggio Onu all’Unione Europea è al centro del dibattito internazionale tra gli Stati membri. L’Ue parlerà a una voce sola?
La storia di un seggio Onu all’Unione Europea parte da lontano. Cominciamo subito col dire che stiamo parlando del seggio permanente all’interno del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Quello, per intenderci, che consente di porre il diritto di veto. Attualmente i membri permanenti sono cinque: Stati Uniti, Russia, Francia, Gran Bretagna e Cina. Sono gli stessi previsti nel 1945 quando a San Francisco i Paesi del mondo stremati dalla guerra approvarono la Carta dell’Onu, il documento “costituzionale” della più importante organizzazione inter-statale al mondo.
Negli anni ’90, un decennio all’insegna dei tentativi di riforma della Carta dell’Onu, le proposte di assegnare un seggio Onu all’Ue sono diverse. Non vanno a buon fine ma servono a aprire il dibattito dentro e fuori l’Europa. L’allora ambasciatore italiano alle Nazioni Unite, Francesco Paolo Fulci, fu artefice e promotore di una coraggiosa proposta di riforma dell’Onu che conteneva anche la prospettiva di arrivare a riconoscere all’Unione Europea un seggio permanente.
Il tema è rilanciato dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nel 2004, che vede nell’assegnazione di un seggio Onu all’Europa un’occasione di profonda riforma dell’Organizzazione delle Nazioni Unite attribuendo ruoli più rilevanti alle organizzazioni regionali. “Credo sia importante rendere, se possibile, le Nazioni Unite più forti,
a cominciare dal Consiglio di Sicurezza – spiega Ciampi nel 2004- E il criterio base per rafforzarlo non è tanto quello di aumentare i seggi permanenti, ma di puntare a una rappresentanza regionale. Questo – aggiunge – corrisponde secondo me anche ad una spinta naturale di gran parte del mondo. E’ la linea fondamentale”. Così l’ex-presidente della Repubblica 15 anni fa.
Oggi l’argomento dell’assegnazione all’Ue di un seggio permanente torna nel dibattito internazionale. Il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte ha detto a Davos che nell’ambito di una riforma dell’Onu l’Ue deve lavorare per sedersi nella stanza dei bottoni del Palazzo di Vetro. I Cinque Stelle in questi giorni sono andati all’attacco del trattato franco tedesco di Acquisgrana dove si è ventilata una candidatura tedesca.
Ecco riassunta in cinque punti la questione del seggio Onu all’Ue:
- Il 27 giugno 2018 il Parlamento Europeo vota una raccomandazione al Consiglio Europeo in merito alla 73° sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Il documento prevede di sostenere il progetto di riforme del Segretario Generale dell’Onu. Tra i punti che il Parlamento Europeo raccomanda al Consiglio ce n’è uno particolarmente importante: “…raddoppiare gli sforzi volti a riformare in particolare il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, limitando significativamente o regolamentando l’esercizio del diritto di veto, segnatamente nei casi in cui vi siano prove di crimini di guerra e crimini contro l’umanità, il quale ostacola il processo decisionale, e modificando la composizione dei suoi membri per rispecchiare meglio l’attuale ordine mondiale, tra l’altro mediante l’attribuzione di un seggio permanente all’Unione europea” (punto i della raccomandazione). Quel documento è approvato a larga maggioranza: 390 sì contro 103 no.
- Il 22 gennaio 2019 Francia e Germania firmano a Acquisgrana un accordo di cooperazione in diversi settori. Dietro la rinnovata collaborazione tra Parigi e Berlino si nasconde anche l’intesa di lavorare per fare assegnare alla Germania il seggio permanente all’Onu. L’asse franco-tedesco va dunque in direzione opposta a qualunque discorso di integrazione europea. Al centro delle proteste soprattutto il presidente francese Emmanuel Macron, che fino a qualche mese fa sosteneva la necessità di un seggio dell’Ue nel Consiglio di Sicurezza. Da qui l’appello del premier italiano Conte a Davos, che ha ricordato come il seggio Onu debba andare all’Unione Europea.
- Paradossalmente, l’Ue ha come suoi principali competitor per entrare nel Consiglio di Sicurezza due suoi Paesi membri: Francia e Germania. La prima è attualmente membro permanente, la seconda ambisce a diventarlo. E non consideriamo il Regno Unito travolto dal vortice Brexit. La domanda quindi è: Bruxelles parlerà all’Onu con una sola voce, oppure prevarranno le istanze di singoli soci come Francia e Germania? Una riflessione che naturalmente deve tenere conto della volontà di riformare l’Onu e della direzione che prenderà la riforma, ammesso che ci sarà, nelle sue linee guida e disegni istituzionali.
- L’Unione Europea come rappresentanza regionale. Come reagiranno gli altri singoli stati membri permanenti del Consiglio di Sicurezza? Usa, Russia e Cina saranno disposte a accettare, per la prima volta nella storia dell’Organizzazione, che al tavolo sieda un organismo regionale con tanto di diritto di veto (se sopravvive alla riforma)? In secondo luogo, l’assegnazione all’Ue di un seggio permanente creerebbe un precedente incentivando altre organizzazioni regionali a fare lo stesso: pensiamo all’organizzazione degli Stati americani oppure all’Unione Africana. L’Onu perderebbe la sua mission storica?
- La riforma del Consiglio di Sicurezza sarà argomento di discussione nel 2020. L’Ue rischia di incontrare diversi ostacoli e limiti. Il primo di questi è la percezione di essere un partner poco credibile per l’Onu a causa del suo comportamento non unitario. I Paesi membri hanno provato a mostrare una posizione compatta sulle questioni internazionali di carattere generale, salvo poi fare retromarcia o posizionarsi diversamente quando c’è da tutelare i propri interessi. Un esempio sono state le grandi crisi internazionali come in Libia e in Iraq. Il secondo limite sono proprio gli attriti tutti europei, come quelli descritti sopra, in cui la strada al seggio Onu è bloccata dai singoli Stati membri. Il terzo ostacolo è di tipo giuridico. La Carta Onu prevede all’articolo 4 la procedura di ammissione che dice esplicitamente che solo gli Stati possono diventare membri delle Nazioni Unite.
Per chi volesse approfondire il tema anche da un punto di vista giuridico, consigliamo la lettura di questo pamphlet:
Un seggio per l’Ue al Consiglio di Sicurezza: tra realtà e prospettive