Il libro bianco della Cina inquieta Taiwan. Le autorità cinesi non scrivono nulla sull’isola nel documento presentato di recente. Questo silenzio fa preoccupare Taipei e Washington. Pechino ha condotto esercitazioni militari ad alto rischio dopo la visita di Nancy Pelosi, la speaker della Camera dei Rappresentanti Usa.
Il libro bianco della Cina alimenta i venti di guerra che soffiano ancora nel Mar Cinese Meridionale. Una settimana dopo la visita nella capitale Taipei di Nancy Pelosi, la tensione tra Cina e Taiwan resta altissima lungo lo stretto che separa la costa cinese dall’isola.
Pechino considera Taiwan la sua 23esima provincia. Il governo di Taipei agisce come uno Stato indipendente (che in teoria lo è dato che ha un seggio nell’assemblea generale dell’Onu). Soprattutto dopo la vittoria elettorale nel 2016 del partito indipendentista, guardato con sospetto dalle autorità cinesi.
La presentazione del libro bianco è l’ultimo atto di una settimana di tensione cominciata, appunto, con la visita a Taipei della deputata democratica. La Cina ha definito provocatorio e arrogante il viaggio della presidente della Camera Usa. Pechino considera come minaccia qualunque avvenimento che possa far ritenere Taiwan uno Stato Indipendente.
Alta tensione tra Cina e Taiwan
Così, Xi Jinping passa al contrattacco e mette le cose in chiaro attraverso un documento programmatico chiamato libro bianco. Al suo interno si parla di dura reazione contro qualsiasi minaccia agli interessi strategici e geopolitici cinesi nel mondo. La Cina, insomma, potrebbe fare ricorso alle armi se si sentisse minacciata. Un messaggio limpido rivolto agli Stati Uniti e all’Occidente nel caso di ingerenza in quelli che Pechino considera affari interni.
Su Taiwan il libro bianco non dice nulla. E questo fa preoccupare il governo di Taipei e quello di Washington. Nei documenti precedenti, 1993 e 2000, c’erano invece molti richiami alla questione taiwanese. Nel libro bianco del 2000, la leadership cinese si impegnava a non trasferire truppe e mezzi militari nel caso di una riunificazione. Era il modo con cui Pechino estendeva il principio “un Paese due sistemi” non solo a Hong Kong ma anche a Taiwan. Un passo avanti notevole, se vogliamo, rispetto alla determinazione cinese a incorporare l’isola alla Repubblica Popolare come parte integrante dello Stato.
Un Paese due sistemi
Il principio “uno Paese due sistemi” aveva rappresentato nel 1997 la condizione principale per il passaggio di Hong Kong dalla Gran Bretagna alla Cina. Secondo un trattato del XIX secolo, la “colonia” di Hong Kong strappata alla Cina sarebbe tornata cinese dopo 99 anni (che scadevano nel 1997). Era il 1 luglio del 1898 e gli inglesi possedevano già Hong Kong fin dai tempi del Trattato di Nanchino del 1842. Nel corso del secolo la Gran Bretagna aveva aumentato i territori e trattò con la Cina per la loro restituzione dopo quasi un secolo. Com’è noto, la Cina ha poi lanciato una forte campagna politica e militare volta a estendere il controllo e a sopprimere l’autonomia che Hong Kong ha mantenuto dal 1997 e che era stata definita in quell’accordo con Londra.
Se Taiwan è la prossima Hong Kong
Credibilità cinese in gioco
Legittime quindi le preoccupazioni a Taiwan. Pechino non si è dimostrata credibile a rispettare gli impegni presi verso Hong Kong. Di conseguenza, nessuno può garantire che rispetterà le promesse di un’autonomia forte dell’isola. Credibilità che è tanto più messa in gioco dalla politica cinese degli ultimi mesi: appoggio di convenienza alla Russia nella guerra in Ucraina, pur mantenendo un atteggiamento ondivago; provocazioni continue verso Taiwan con violazioni dello spazio aereo e marittimo; provocazioni ai Paesi della regione sud-est asiatica come il Vietnam, Malesia, Tailandia; realizzazione di isolotti artificiali per giustificare un’estensione della sua sovranità in acque internazionali.
In un contesto così complesso diventa comprensibile la posizione di forte sfiducia da parte dei taiwanesi. L’atteggiamento della Cina potrebbe rafforzare il partito indipendentista e indebolire quello più moderato disponibile a un dialogo con Pechino. Proprio quest’ultimo aveva accettato negli anni ’90 la prospettiva di studiare una riconciliazione e riunificazione purché si riconoscesse l’autonomia dell’isola. Un modello che anticipava il principio “un Paese due sistemi”.
Cosa ferma Pechino
Va messo in rilievo che in questo momento a frenare un’offensiva cinese non è il timore di aprire un nuovo fronte di guerra in Asia dopo quello aperto dalla Russia in Europa. Ciò che inibisce i cinesi è il grande progetto mondiale economico-commerciale di Pechino. In particolare la nuova via della Seta, una serie imponente di infrastrutture commerciali e economiche che collegheranno l’est asiatico con Europa e Africa.
Taiwan non si fida dei cinesi ma guarda con sospetto anche gli americani. Per l’amministrazione di Joe Biden, quella dell’integrità e indipendenza dell’isola non è solo una questione di rispetto del diritto internazionale. E’ anche una messa alla prova della credibilità dell’impegno americano nel Pacifico. Fino a quanto son disposti a spingersi gli Usa per la difesa di Taiwan? Vale la pena “mourir pour Taipei”? Finora tra Pechino e Washington è stata una guerra a parole con le armate dietro le spalle. Ma cosa decideranno la Casa Bianca e il Pentagono nel caso di attacco cinese a Taiwan?
Il ruolo dell’Onu
C’è un luogo in cui il principio “un Paese due sistemi” tra Cina e Taiwan è messo in pratica da quasi cinquant’anni. Sono le Nazioni Unite. Taipei e Pechino hanno un seggio nell’assemblea generale, mentre il posto di membro permanente nel Consiglio di Sicurezza è della Cina. La vicenda delle “due Cine” è stata molto complessa alla fine del secondo dopoguerra e ci sono voluti anni per dirimerla. Si è trovata una soluzione di compromesso con la sostituzione nel Consiglio di Sicurezza dell’isola di Formosa (ex-nome di Taiwan) con la Cina allora maoista.
La coabitazione all’Onu, che in minima parte contenuto la tensione tra Cina e Taiwan negli anni, potrebbe essere il modello di convivenza anche all’esterno. Il libro bianco però va nella direzione opposta e non dà segnali positivi. E i venti di guerra continuano a soffiare.