Diplomazia al lavoro sulla guerra in Ucraina. Torna in campo il Vaticano e si mobilita anche il Brasile. La Cina mantiene la posizione di ambivalenza.
Qualcosa si muove sul fronte diplomatico nella guerra in Ucraina. Vaticano e Brasile sono al lavoro per tenere aperto il dialogo con la Russia.
Santa Sede al lavoro
La diplomazia vaticana ha ottenuto un primo risultato. Il Ministero degli Esteri russo ha dichiarato che considera positiva l’iniziativa di pace di Papa Francesco, pur non essendoci ancora stata una proposta ufficiale della Santa Sede. E’ un passo importante perché è la prima volta che il Cremlino riconosce pubblicamente l’iniziativa del Vaticano. A marzo, il Pontefice aveva annunciato durante l’Angelus l’intervento diplomatico nella guerra in Ucraina. Papa Francesco ha usato per la prima volta la parola “guerra” in riferimento all’operazione militare condotta da Mosca.
Il Ministero degli Esteri russo ha rilasciato la dichiarazione dopo avere appreso che il Papa ha scelto il Cardinale Matteo Zuppi, un diplomatico di lunga esperienza, come suo inviato in Ucraina. Zuppi ha spiegato ai giornalisti che la strategia che seguirà in Ucraina sarà simile a quella ha utilizzato nella guerra civile in Mozambico dove ha portato le parti a una mediazione e ai colloqui di pace.
L’attivismo diplomatico del Brasile
Non solo Santa Sede. Anche il Brasile del presidente Luiz Inacio Lula da Silva è attivo per trovare una mediazione. Lula ha avuto un colloquio telefonico con Vladimir Putin al quale ha confermato la volontà e l’impegno del suo Paese a dialogare con entrambe le parti. Il capo di Stato brasiliano ha ringraziato il presidente russo per averlo invitato a partecipare al Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo. Lula ha spiegato a Putin che in questo momento è difficile per lui andare in Russia. Ha rassicurato però Putin che il Brasile, insieme a India, Indonesia e Cina, continua ad avere un dialogo con entrambe le parti e a cercare la strada della pace.
Conversei agora por telefone com o presidente da Rússia, Vladimir Putin. Agradeci a um convite para ir ao Fórum Econômico Internacional de São Petersburgo, e respondi que não posso ir a Rússia nesse momento, mas reiterei a disposição do Brasil, junto com a Índia, Indonésia e…
— Lula (@LulaOficial) May 26, 2023
L’impegno cinese
Proprio la Cina è tornata a far discutere. Pechino ha sempre mantenuto una posizione che potremmo definire di “equidistanza” tra Mosca e Kiev, strizzando un po’ troppo l’occhio a Putin.
L’inviato cinese a Kiev, Li Hui, ha visitato la capitale ucraina nell’ambito di un tour in diversi Paesi europei. Hui, che è stato per dieci anni ambasciatore a Mosca, ha parlato di creare “un grande denominatore comune per risolvere la crisi ucraina, raggiungere il cessate il fuoco e riportare la pace non appena possibile”.
Il governo ucraino ha confermato all’inviato cinese che non accetterà mai alcuna proposta che preveda la rinuncia ai suoi territori. Il riferimento è al piano di pace di 12 punti, annunciato dai cinesi, che prende in considerazione un cessate il fuoco ma non contempla un ritiro dei russi dai territori che ha occupato durante la guerra.
Il Ministro degli Esteri russo, Serghej Lavrov, ha espresso gratitudine a Hui e alla Cina per la posizione bilanciata che ha mantenuto finora. Lavrov e Hui hanno discusso le prospettive per risolvere la guerra in Ucraina.
Conclusioni
Siamo ancora lontani da una prospettiva di soluzione della crisi ucraina. Tuttavia, qualcosa si sta muovendo sul fronte diplomatico come mai l’abbiamo visto dall’inizio della guerra il 24 febbraio 2022. Avevo scritto alla fine dello scorso anno una proposta in sette fasi per arrivare a un cessate il fuoco e a colloqui tra le parti. Questa proposta contemplava la regia di una troika composta da Vaticano, Brasile e India. Due attori sono già coinvolti. Manca solo l’India, che ha comunque lanciato qualche segnale. In estate potrebbe esserci un’accelerazione dell’azione diplomatica. Continuo invece a ritenere che la Cina abbia scarse possibilità di svolgere il ruolo di mediatore. Più Pechino si tiene alla larga in questo momento da avventure diplomatiche, maggiori sono le possibilità di avviare una mediazione.
Condivido il suo auspicio per una mediazione di S. Sede, Brasile ed India. Condivido altresì le perplessità riguardo all’azione diplomatica cino-popolare, in particolare riguardo alla proposta che, secondo fonti di stampa, sarebbe stata avanzata dall’inviato Li Hui, vale a dire che la Russia annetta in via definitiva i territori delle quattro regioni attualmente in tutto o in parte occupate (Donbass, Crimea, Kherson e Zaporizhia). Si tratta di un’ipotesi che, valida per una tregua, risulta del tutto squilibrata a favore di Mosca per una pace definitiva, allo stesso modo che squilibrate a favore di Kiev sono le richieste di quel governo. Una valida mediazione dovrà stabilire un punto di equilibrio fra le parti: le regioni di Kherson e Zaporizhia dovranno essere restituite a Kiev poichè risultano a maggioranza etnica ucraina; le regioni del Donbass e di Crimea, a maggioranza etnica russa, dovranno esprimersi in referendum di autodeterminazione sotto controllo ONU poichè non sono ammissibili annessioni unilaterali (e questo deve valere anche per le annessioni israeliane in Palestina e Siria); Kiev dovrà accettare uno statuto neutrale, con presidio ONU, a garanzia dell’equilibrio fra le potenze e della demarcazione fra le sfere di sicurezza.
29/5/2023
Nearco 7
Non posso che condividere la sua riflessione. Mi riferisco in particolare al referendum di autodeterminazione delle regioni a maggioranza russa (Donbass e Crimea). Ottima anche l’idea di uno statuto neutrale sotto presidio Onu.
Saluti
Ovidio Diamanti