Perché i paesi dell’Europa orientale sono più forti dopo la guerra in Ucraina?
In questo articolo pubblicato sul settimanale britannico Economist, si affronta questo tema: i paesi dell’Europa orientale escono più rafforzati dalla guerra in Ucraina. Secondo l’autore, la visita di Joe Biden a sorpresa a Kiev prima, e quella in Polonia dopo, segnano un cambiamento importante nelle dinamiche delle relazioni interne alla Nato e all’Unione Europea.
Il presidente Usa ha incontrato in quella visita anche i leader degli Stati dell’Europa orientale. Per l’autorevole magazine britannico è cambiato qualcosa di importante con la guerra in Ucraina. Gli Stati dell’Europa orientale e centrale hanno capito che questo è il loro momento.
La “old Europe”, la vecchia Europa identificata storicamente con quella occidentale, ha gestito male le relazioni con la Russia di Vladimir Putin. Si è compromessa troppo, negli anni, con il leader del Cremlino sia sotto l’aspetto politico sia sotto quello economico e commerciale. I risultati sono davanti agli occhi di tutti. Al contrario, i paesi del cosiddetto fianco orientale della Nato hanno sempre preso le distanze, mostrando diffidenza verso il grande orso russo. E adesso possono battere cassa, capitalizzando i vantaggi politici di questo atteggiamento.
Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria hanno creato anni fa il cosiddetto gruppo di Visegrad. Questo è un blocco che comprende tutti i Paesi dell’Europa orientale aderenti all’Ue.
La Polonia è diventata un giocatore molto più influente nella difesa europea di quanto non sia mai stato. Non è solo il fatto che è un paese in prima linea che accoglie molti dei profughi provenienti dall’Ucraina, fornisce una via di terra per rifornire il vicino di armi e aiuti umanitari e invia assistenza di tasca propria (più di 3,5 miliardi di dollari finora).
Ma la Polonia sta anche aumentando la sua spesa per la difesa dal 2,2% del suo prodotto interno lordo a un record del 3% del PIL nel 2023, uno dei tassi più alti all’interno della NATO. Il denaro andrà a modernizzare ed espandere le sue forze militari e potrebbe rendere l’esercito polacco uno dei più grandi del continente.
Varsavia sta acquistando carri armati e obici semoventi dalla Corea del Sud in un accordo del valore di 5,76 miliardi di dollari e acquisirà caccia F-35 all’avanguardia dagli Stati Uniti nei prossimi anni.
Il caso polacco non fa eccezione. Il bilancio della difesa della Romania raggiungerà il 2,5% del PIL l’anno prossimo, ben oltre la soglia della NATO del 2%. Anche gli Stati baltici – Lettonia, Lituania ed Estonia – raggiungeranno l’obiettivo di spendere il 2,5% del loro PIL nei prossimi anni. Di recente la Romania ha rafforzato la sua cooperazione bilaterale, anche sul versante della sicurezza, con la Bulgaria.
In effetti, i paesi del fianco orientale si stanno riarmando su vasta scala, con i vecchi sistemi di fabbricazione sovietica trasferiti in Ucraina o completamente demoliti.
Si dovrebbe anche considerare il peso appena acquisito che gli europei dell’est hanno all’interno dell’UE e della NATO. Per molti anni, la Polonia e gli Stati baltici sono stati liquidati come troppo aggressivi nei confronti della Russia. L’approccio cauto della Germania, basandosi sull’idea che fitti legami commerciali avrebbero creato interessi comuni con Mosca, prevalse e fu abbracciato da altre grandi potenze dell’Europa occidentale, inclusa la Francia.
È stato così anche dopo l’annessione russa della penisola ucraina di Crimea e la prima fase della guerra nella regione del Donbas nel 2014-2015. Gli osservatori europei ricordano sicuramente il presidente francese Emmanuel Macron che tifava per la Francia proprio accanto a Putin durante la finale della Coppa del Mondo 2018 a Mosca.
Forse è vera la profezia del cancelliere tedesco Olaf Scholz a Praga lo scorso agosto: “Il centro dell’Europa si sta spostando a est”.