Ascesa e declino di Juan Guaidò, leader dell’opposizione al presidente Maduro. Cosa succede in Venezuela? Aggiornamento quotidiano.
Cosa succede in Venezuela dopo l’appello alla rivolta militare che il leader dell’opposizione Jùan Guaidò ha lanciato attraverso un video? La situazione è al limite della guerra civile. Nel video, Guaidò compare circondato da militari armati all’interno di una base militare di Caracas, la capitale venezuelana. Vediamo cosa succede in Venezuela dopo l’avvio dell’Operazione Libertà, questo il nome della rivolta, con aggiornamenti quotidiani:
ultimo aggiornamento: (22 maggio) L’autoproclamato presidente Juan Guaidò apre alla trattativa con il presidente venezuelano Nicolas Maduro. Maggioranza e opposizione hanno inviato loro funzionari in Norvegia per trattare. Finora Guaidò aveva sempre rifiutato un dialogo. Il cambio di rotta di Guaidò segna l’opposizione venezuelana indebolita in questi mesi dalla resistenza di Maduro. Il presidente ha dato prova di forza e potere nonostante la crisi del paese e il sostegno internazionale al leader dell’opposizione.
- (15 maggio) Gli Stati Uniti hanno sospeso tutti i voli da e per il Venezuela. Il motivo: le “minacce per la sicurezza” dovute alla crisi del Paese latinoamericano.
- (11 maggio) Guaidò, autoproclamato premier del Paese, chiede l’intervento militare agli Usa. Il leader ha chiesto aiuto al Pentagono perché cooperi per risolvere la crisi venezuelana. Il leader dell’opposizione ha dato mandato al suo rappresentante a Washington di incontrare i rappresentanti della Difesa americana per intervenire nella crisi;
- (9 maggio) Edgar Zambrano, vice-presidente del autoproclamato premier Juan Guaidò, è stato arrestato dall’intelligence venezuelana. Secondo una testimonianza, all’arrivo della polizia Zambrano si è rifiutato di scendere dalla sua auto e gli agenti del Sebin hanno utilizzato un’autogru per portalo via verso il carcere di El Helicoide;
- Il presidente del Venezuela fa appello all’esercito nel caso di attacco dagli Stati Uniti. In un intervento davanti ai militari ha detto di “essere pronti a difendere la Patria con le armi in mano se un giorno l’Impero americano osasse attaccare questo suolo sacro”.
- Sono almeno cinque i manifestanti uccisi, tre dei quali minori, e 239 sono rimasti feriti nel corso delle proteste tenutesi in Venezuela a partire dal 20 aprile, secondo le cifre fornite da una portavoce dell’Ufficio Onu per i diritti umani. L’ultima vittima è un adolescente di 15 anni, morto ieri nello stato di Mérida;
- Donald Trump e Vladimir Putin hanno affrontato la questione venezuelana durante un colloquio telefonico. Secondo il presidente Usa, Putin non desidera essere coinvolto nella crisi venezuelana;
- Duro scontro tra Russia e Stati Uniti sulla situazione in Venezuela. Un colloquio telefonico tra i ministri degli esteri americano e russo si è trasformato in accuse reciproche dentro un clima da anni ’50. Nella mattinata del 1 maggio, il segretario di stato Usa Mike Pompeo ha parlato di una possibile azione di forza nel Paese latinoamericano. E l’ha giustificata come un’azione necessaria a tutelare la democrazia venezuelana. Durissima la risposta del capo della diplomazia russa Sergej Lavrov. Che ha parlato di serie conseguenze in caso di intervento militare, accusando gli Stati Uniti di violare il diritto internazionale. Washington a sua volta ha accusato russi e cubani di destabilizzare il Venezuela con attività di sostegno al governo di Nicolàs Maduro;
- Dopo l’appello di Guaidò, che qualche mese fa si è autoproclamato premier, sono cominciate il 30 aprile manifestazioni antigovernative nel Paese. I carri armati dell’esercito lealista sono avanzati investendo i manifestanti. I blindati hanno lanciato acqua contro la folla che nel frattempo aveva circondato i mezzi. Gli scontri si svolgono nella base militare “La Carlota” di Caracas. Secondo testimoni locali sono 19 i morti finora;
- Guaidò ha scritto su Twitter che la rivolta venezuelana ha il sostegno internazionale di tutti gli alleati che hanno riconosciuto il suo governo nei mesi scorsi (Fuori dal coro l’Italia che non ha riconosciuto il governo Guaidò n.d.r.);
- In realtà non tutti i Paesi che avevano riconosciuto il governo Guaidò sostengono l’Operazione Libertà. Non lo fa per esempio la Spagna, che lo scorso 28 aprile ha votato per il leader del Partito Socialista Pedro Sanchez. Il capo dei socialisti spagnoli ha annunciato infatti che non sosterrà mai un golpe. L’unica strada percorribile e sostenibile, chiosa Sanchez, è quella della transizione democratica attraverso un percorso elettorale;
- Il presidente Nicolas Maduro, intanto, prova a tranquillizzare la situazione e gettare acqua sul fuoco. Ha spiegato ai venezuelani che l’esercito governativo sta neutralizzando un piccolo gruppo di militari ribelli e che la situazione è sotto controllo.