L’intesa a Mosca tra Russia e Turchia tira fuori il presidente turco Erdogan dal pantano siriano.
A Mosca il presidente Vladimir Putin e quello turco Recep Tayyp Erdogan raggiungono l’intesa su Idlib, la roccaforte dei ribelli siriani che combattono da anni il presidente Bachar al-Assad, rais di Damasco.
L’accordo prevede lo stop all’offensiva militare di terra nella zona di Idlib, che per l’Onu avrebbe provocato una catastrofe umanitaria; crea una zona demilitarizzata pattugliata da turchi e russi; impone ai terroristi islamici vicini a al-Qaida di lasciare l’area entro il 10 ottobre.
Ma soprattutto il summit di Mosca salva in corner Erdogan. Il presidente turco era in una situazione molto difficile e complessa. Perché da un lato doveva mantenere salda l’alleanza con Russia e Iran, alleati di Assad e sostenitori di un intervento per spazzare via i ribelli; perché dall’altro doveva proteggere i ribelli anti-Damasco, che la Turchia ha sempre sostenuto.
Erdogan insomma stava nel mezzo tra la scelta di sacrificare l’alleanza internazionale con Mosca e Teheran mettendosi dalla parte dei ribelli, oppure lasciare al loro destino le forze anti-Assad, preservando la relazione con russi e iraniani. In questo secondo caso sarebbe andato incontro a una profonda crisi di consenso interno dopo avere promosso per anni la causa contro Damasco e a sostegno dell’opposizione siriana.
La via d’uscita da questo pantano diplomatico l’ha offerta a Erdogan l’intesa con Putin. I presidente turco porta a casa il mantenimento della moderna santa alleanza con il Cremlino e gli Ayatollah senza sacrificare allo stesso tempo i ribelli anti-Assad. Anzi, Erdogan riesce perfino a aumentare la sicurezza ai confini turchi grazie alla creazione della zona demilitarizzata e ai pattugliamenti dell’esercito di Ankara nella zona. Un successo diplomatico senza precedenti, che mostra un’abilità notevole.
Il successo del presidente turco non poteva avvenire però senza il calcolo di opportunità e convenienza della Russia. Quel gran maestro della diplomazia che è il Ministro degli Esteri russo Serghej Lavrov non ha certo salvato la Turchia per tutelare l’interesse nazionale di Ankara. Mosca ha salvaguardato prima di tutto il suo interesse.
Nella fase attuale della politica internazionale, la Russia ha bisogno di preservare gli equilibri e le alleanze che ha costruito. La Turchia è per il Cremlino un player importante nell’area mediorientale. Meglio una Turchia dalla parte russa che un suo riavvicinamento a Stati Uniti e Nato. La strategia di Putin e Lavrov è quella del divide et impera con l’intento neppure tanto velato di spaccare la Nato. E la Turchia è per la Russia il cavallo di Troia da usare dentro l’alleanza atlantica e contro Washington. Meglio quindi lasciare perdere l’offensiva contro i ribelli e convincere Assad a rinunciare all’avventura nelle terre siriane nord-occidentali.
Ovidio Diamanti
Bisogna capire la posizione iraniana…