Notiziario Estero

Come usare la comunicazione contro l'Isis

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Come usare la comunicazione contro l’Isis

La guerra all’Isis si vince anche con la comunicazione. Quello che manca alla strategia contro lo Stato Islamico è una raffinata azione comunicativa per isolare combattenti e fanatici, seguaci di Daesh, disposti a accogliere l’invito del portavoce dell’Isis a colpire in Europa e nel resto del mondo. E non ci riferiamo tanto ai sofisticati sistemi dell’intelligence per isolare la comunicazione dalle roccaforti Isis in Iraq e Siria con i fanatici nell’altra sponda del Mediterraneo. E neppure alla task force della Silicon Valley messa insieme da Barack Obama per bloccare gli account sui più famosi social network. Pensiamo invece a una strategia astuta per far crollare la credibilità e il mito dello Stato Islamico tra tanti jihadisti che vivono in Occidente.

L’Isis perde terreno in Iraq e Siria, arretra in Libia tenta sbocchi di espansione in Egitto, Yemen, Libano, Tunisia e da ultimo Afghanistan. Secondo il Pentagono Usa, nel 2016 il Califfato ha perso un altro 12% di territorio che controllava. Tra poco le due capitali dell’Isis in Siria e Iraq, Raqqa e Mosul, potrebbero essere le due sole città dello Stato Islamico. Coalizione internazionale targata Usa, esercito iracheno, forze curde, esercito di Assad coperto dalle forze armate russe stanno quindi, in un modo o nell’altro, avanzando.

Nonostante tutto, la cassa di risonanza mediatica internazionale di questi eventi è ancora debole. Le notizie delle sconfitte del Califfato non emergono nelle cronache di esteri. Emergono con forza invece le notizie degli attentati degli affiliati dell’Isis. Una situazione comunicativa che galvanizza e dà importanza ai seguaci dello Stato Islamico, che traggono ispirazione e esaltazione dalle gesta dei “soldati del Califfato”. In questa condizione, l’immagine che emerge è di un Califfato vittorioso, imbattibile e modello di attrazione per tanti giovani che risiedono nel mondo. I più deboli naturalmente sono i primi a cadere nella rete, come dimostrano gli attentati di Nizza e Monaco di Baviera.

L’unico modo per uscire da questa impasse e interrompere il flusso magnetico tra Califfo e jihadisti europei è intensificare la comunicazione sui successi contro l’Isis. Far apparire lo Stato Islamico debole, in difficoltà e vicino alla sconfitta consente di smontare il miti dell’invincibilità del Califfato, instillare il dubbio sulla sua forza, distruggere goccia dopo goccia la sua potenza di attrazione sulle nuove generazione islamiche. E quindi sgonfiare le possibilità di emulazione tra i jihadisti europei e nel mondo.

Per fare questo serve un impegno maggiore dei media internazionali e una strategia complessa dei governi. Le grandi agenzie di stampa, i grandi network, i social e il mondo del web devono puntare di più a creare l’immagine di un Califfato debole, demotivato, sconfitto nel suo stesso terreno. A questo riguardo viene da chiedersi perché ci sono così poche immagini di scontri con i miliziani o bombardamenti della coalizione contro l’Isis. Vengono riproposte sempre le stesse immagini di miliziani incappucciati e trionfanti sui loro pick-up. Presentare gli attentati dei kamikaze come le gesta disperate di un jihadismo ormai al tramonto. Sicuramente ci vorranno ancora anni per sconfiggere questo terrorismo, forse il più violento della storia recente. Tuttavia per frenare l’esportazione degli attacchi suicida in occidente, occorre distruggere l’immagine del Califfato rendendolo in declino agli occhi di chi abbia la tentazioni di emulare le sue gesta. Notiziario Estero c’è.

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