“L’Iran è uno Stato sponsor del terrorismo”. Il presidente degli Stati Uniti rilascia un’intervista alla vigilia del summit con i Paesi Arabi. Ma Obama parla a Teheran perché Riad intenda.

La strategia di Barack Obama per le buone relazioni con i Paesi sunniti, Arabia Saudita in testa, e la convivenza civile con l’Iran in vista dell’accordo nucleare, parte dall’accusa al regime degli Ayatollah di sponsorizzare il terrorismo.
In un’intervista apparsa ieri sul quotidiano arabo Asharq al-Awsat, edito a Londra e finanziato dall’Arabia Saudita, Obama spiega che “l’Iran è uno stato sponsor del terrorismo”. Non siamo ancora allo “stato canaglia” di Bush jr e Condoleeza Rice, ma poco ci manca.
Il presidente degli Stati Uniti ha anche aggiunto che: “L’Iran è chiaramente impegnato in comportamenti pericolosi e destabilizzanti in diversi paesi della regione, contribuisce a sostenere il regime di Assad in Siria, sostiene Hezbollah in Libano e Hamas nella Striscia di Gaza, aiuta i ribelli Houthi in Yemen. Quindi i paesi della regione hanno motivo di essere molto preoccupati per le attività dell’Iran, soprattutto per il suo sostegno a gruppi violenti nei confini di altre nazioni.”
Obama ha rilasciato una dichiarazione poco diplomatica quando servirebbe invece tutto il buon senso della diplomazia per chiudere la partita del negoziato nucleare. Il perché lo si intuisce da un passaggio successivo dell’intervista. “L’Iran – ha spiegato il presidente Usa-è impegnato in queste attività senza avere un arsenale nucleare. Possiamo solo immaginare quanto potrebbe diventare ancora più pericoloso se disponesse di armi nucleari”.
Il messaggio non è rivolto a Teheran. Riguarda l’Arabia Saudita e gli altri paesi sunniti della coalizione che sta conducendo le operazioni militari in Yemen. I Paesi sunniti sono riuniti a Camp David in un summit con lo stesso Obama. Non a caso l’intervista è stata rilasciata un giorno prima del vertice.
La Casa Bianca ha sofferto nei giorni scorsi la crisi di immagine e credibilità causata dal governo di Riad. Il re saudita Salman ha declinato l’invito mandando a Camp David il principe della Corona Mohamed bin Nayef. La spiegazione ufficiale è stata una ragione banale. Il messaggio però è arrivato diretto alla nomenclatura di Washington. Inviare volutamente una figura secondaria in un vertice di capi di Stato significa prendere le distanze. E se a prenderle è la potenza più importante della regione, qualche effetto sugli equilibri politici potrebbe arrivare.
Quindi, la parola d’ordine che è probabilmente rimbalzata in questi giorni alla Casa Bianca è stata probabilmente: ricompattare. Per farlo niente di meglio che attaccare verbalmente il rivale storico dell’Arabia Saudita e dei sunniti.
A Obama però preme anche preservare il successo dell’accordo sul nucleare iraniano. E così spiega che: “Prevenendo un Iran con le armi nucleari, rimuoviamo una delle più grandi minacce alla sicurezza regionale. Questa è una delle ragioni per cui è così importante l’accordo che cerchiamo con l’Iran”.
L’accordo quindi è fondamentale per la sicurezza regionale. E anche l’Iran è una potenza strategica fondamentale per dare stabilità all’area del Golfo. Nonostante sponsorizzi il terrorismo. L’architettura diplomatica di Obama punta così a reggere un equilibrio delicato, tenendo ben saldo il percorso del doppio binario con le due potenze regionali. Usando un luogo comune, Obama parla a Teheran perché Riad intenda. E agli Ayatollah manda un messaggio preciso. Siete una potenza strategica e non può esserci stabilità senza di voi. Le porte insomma non sono chiuse.
Nell’intervista, tranquillizza soprattutto gli alleati sauditi, e i loro satelliti, sulla sicurezza regionale garantendo la presenza militare nella regione per aiutarli a costruire la loro “capacità di difesa e deterrenza”. E promette anche di continuare ad attuare le sanzioni contro l’Iran per il suo sostegno al terrorismo. Questo anche se si raggiunge un accordo sul nucleare. Non esclude però ricadute positive. Infatti afferma che: “se si riesce ad affrontare con successo la questione nucleare e l’Iran comincia ad avere sollievo da queste sanzioni, possono arrivare più investimenti nell’economia iraniana e più opportunità per il popolo iraniano e questo potrebbe rafforzare i leader più moderati”. “Ma – conclude Obama sull’argomento – anche se le dinamiche politiche in Iran non cambiano, un accordo sul nucleare diventa ancora più importante, perché evita che un regime a noi ostile ottenga armi nucleari”. Ora si attende la reazione iraniana.
Ovidio Diamanti