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Trump e il ritorno dei dazi per Cina, Canada e Messico

Trump e il ritorno dei dazi

Donald Trump non molla e mette i dazi dall’1 febbraio.  Il presidente degli Stati Uniti aveva promesso i dazi sulle merci di Cina, Canada e Messico fin dal primo giorno della sua presidenza.

Donald Trump ha annunciato che dall’1 febbraio scattano i dazi del 25% sulle merci provenienti da Canada e Messico e del 10% su quelle cinesi. Le importazioni cinesi negli Stati Uniti sono già soggette ad alcuni dazi.

Il presidente Usa non molla. Nel suo primo mandato (2016-2020) aveva applicato i dazi sulle merci importate dalla Cina. Ora ci riprova coinvolgendo però anche paesi del cosiddetto fronte atlantico.


Cos’è un dazio?

Un dazio è una tassa pagata sulle merci quando entrano in un paese. La società che importa le merci paga la tassa, non la società estera che le esporta.


La Cina definisce le tariffe “irresponsabili” e avverte che nessuno vincerà una guerra commerciale, mentre il presidente del Messico ritiene che le tariffe non risolveranno il problema della droga negli Stati Uniti.

Come scrive Brandon Drennon, inviato della Bbc “l’atteggiamento favorevole di Donald Trump nei confronti dei dazi non è una novità”.

Il presidente ha aumentato notevolmente le tariffe sulle importazioni dalla Cina durante la sua prima amministrazione e durante la campagna elettorale di quest’anno ha spesso esultato per la prospettiva di aumentare le tariffe per ridurre il deficit commerciale americano e proteggere i posti di lavoro negli Stati Uniti.

Ma usare le tariffe per minacciare altri paesi affinché rispettino le richieste degli Stati Uniti di frenare il flusso di immigrazione illegale e droga, è una novità e la sua efficacia è sconosciuta.

“Molti di noi economisti si sono chiesti se considera l’aumento di queste tariffe come una leva negoziale?” chiede Robert Koopman, professore di economia all’American University. “Se sì, su cosa?”

Koopman si chiede quanto l’aumento della pressione economica sul Messico dovuta alle tariffe possa contribuire a ridurre l’immigrazione illegale, una situazione che, a suo dire, probabilmente persisterà “finché gli Stati Uniti saranno considerati un’economia più forte e un posto più sicuro in cui vivere”.

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