Il presidente Usa punta al soccorso saudita per abbassare il prezzo del greggio.
Donald Trump prova a uscire dal cul de sac petrolifero in cui si è infilato con le sue stesse mani. La scelta anti-iraniana e lo scontro duro con il Venezuela hanno fatto impennare il prezzo mondiale del petrolio. Così, la strategia della Casa Bianca è quella di convincere la monarchia saudita a aumentare la produzione di greggio in modo da farne calare il prezzo sui mercati internazionali.
Iran
La decisione di Washington di uscire dal trattato sul programma nucleare iraniano, firmato da 5 Stati nel 2015, sta avendo conseguenze notevoli sul piano politico e economico. Da una parte ha rilanciato il ruolo dell’Arabia Saudita e indebolito quello dell’Iran, che torna a un isolamento diplomatico parziale. Con l’effetto di sbilanciare l’equilibrio regionale nel Golfo a favore di Riad. Dall’altra parte, la minaccia di sanzioni e di isolamento internazionale rende difficile la vendita di petrolio iraniano, riportando la leva del potere petrolifero (produzione e prezzo) nelle mani delle potenti famiglie saudite.
Venezuela
La rottura delle relazioni diplomatiche con il Paese risale ai tempi dell’Amministrazione di Barack Obama. Con Trump i rapporti con Caracas sono ulteriormente peggiorati. Il Venezuela è tra i più grandi produttori di petrolio. E sta affrontando una delle peggiori crisi economiche e finanziarie. La produzione di greggio va a rilento contribuendo a far salire il prezzo.
Per affrontare la situazione Trump quindi chiede il soccorso saudita. E lo ottiene perché a Riad devono un favore al presidente Usa: quello di avere scelto di uscire dal trattato sul nucleare iraniano aumentando il peso regionale dell’Arabia Saudita. E poco sembra contare che i Paesi europei firmatari dell’accordo vogliano portare avanti il Trattato.
Il prezzo del petrolio indicherà se l’aumento saudita della produzione avrà avuto i suoi effetti.