Siamo o no già dentro all’escalation del conflitto in Medio Oriente? Tutti i segnali sembrano dare una risposta affermativa.
Il segretario di Stato Usa, Anthony Blinken, è arrivato in Israele. E’ la quarta visita ufficiale del capo del Dipartimento di Stato in Medio Oriente dall’inizio del conflitto lo scorso 7 ottobre.
Blinken arriva a Tel Aviv dopo un tour che lo ha portato nelle principali capitali mediorientali. Il segretario di Stato americano ha in tasca il mandato diplomatico del presidente Joe Biden a impedire l’escalation della guerra che contrappone Israele e Hamas.
Non sappiamo quale sarà l’esito della missione di Blinken e quali risultati porterà a casa alla fine del tour diplomatico. Ma una domanda è opportuna? Siamo o no già dentro all’escalation del conflitto in Medio Oriente?
Gli attacchi e le incursioni reciproche tra Israele, Hezbollah e milizie sciite filo-iraniane sembrano dare una risposta affermativa. Sì, l’escalation è già iniziata e ci siamo dentro da un pezzo. Per ora non si vede ancora, ma tutti segnali vanno in questa direzione.
L’uccisione di numerosi capi di Hamas, soprattutto quella di al Arouri del 2 gennaio; l’attacco che ha ucciso al Tawil leader di Hezbollah; l’attentato che ha massacrato un centinaio di pellegrini iraniani; i razzi lanciati da Hezbollah su Israele; le incursioni nel Mar Rosso da parte degli houti, sciiti filo-iraniani, contro le navi dirette in Israele. Sono solo alcuni degli episodi che ci dicono che l’escalation è già in corso.
Non sappiamo cosa farà Blinken e quale decisione prenderà Joe Biden, assillato dall’imminente campagna elettorale che rischia di trasformarsi in un disastro democratico. Vediamo però che la strada per la diplomazia è sempre più in salita. E un’escalation regionale del conflitto potrebbe giovare a Putin e alle autocrazie, che aspettano sul fiume il passaggio della sconfitta politica dell’occidente.