Un generale e cinque militari azeri uccisi negli scontri a fuoco con truppe armene sugli altipiani al confine tra i due Paesi. La crisi infinita tra Armenia e Azerbaijan per il Nagorno-Karabakh.
Tre giorni di combattimenti, 10 militari azeri e 4 armeni uccisi (tra loro 2 ufficiali e 1 generale), un altopiano di confine conteso tra due ex-repubbliche sovietiche, Armenia e Azerbaijan, già in crisi molto prima del collasso dell’Urss negli anni ’90. E’ la guerra infinita e sanguinosa dell’altopiano caucasico, un conflitto con scontri a fuoco frequenti che prosegue da oltre 30 anni.
Spieghiamo in 5 punti la crisi tra Armenia e Azerbaijan.
- La disputa mai risolta tra i due Paesi si chiama Nagorno-Karabakh. Questa regione, come si vede dalla mappa qui sotto riportata, è internazionalmente riconosciuta come parte dell’Azerbaijan. Il controllo politico però è nelle mani del gruppo etnico armeno, appoggiato dalla Repubblica di Armenia.
La regione del Nagorno-Karabakh (in rosso nella mappa) è contesa da Armenia e Azerbaijan. Gli scontri di questi giorni hanno riguardato la zona a nord della regione contesa. Il governo azero ha spiegato che ci sono continui combattimenti pesanti nel distretto di Tovuz, al confine nord-orientale dell’Armenia.
- Armeni e azeri hanno combattuto la guerra per il Nagorno-Karabakh dal 1992 al 1994. La maggioranza etnica armena nella regione, appoggiata dalla Repubblica di Armenia, proclama la Repubblica del Nagorno-Karabakh nel gennaio 1992. Subito dopo cominciano i bombardamenti dell’Azerbaijan sulla regione e la conseguente risposta del governo armeno di Erevan. Nel 1994 la guerra è finita, anche se non ufficialmente. Un fragile cessate il fuoco ha fatto tacere le armi. Di fatto però i due Paesi sono ancora in una fase di belligeranza. Il Nagorno-Karabakh si considera de facto una repubblica ma non trova riconoscimenti nella comunità internazionale. Intanto, la tensione tra i due Paesi cresce. Il governo azero di Baku accusa l’amputazione territoriale del suo territorio e fa appello al principio di integrità territoriale. Il governo armeno di Erevan fa appello al principio di autodeterminazione dei popoli.
- Le origini della crisi. Nel 1988 i primi scontri. Nel 1990, il parlamento del Nagorno-Karabakh dichiara, in base a una legge sovietica allora esistente, la nascita del Karabakh montagnoso (Artsakh per gli armeni). La legge sovietica prevede che se una Repubblica sovietica decide il distacco dall’Urss, le regioni autonome al suo interno possono scegliere se seguire o meno la repubblica secessionista. Il parlamento del Nagorno-Karabakh decide appunto di non seguire l’Azerbaijan qualche giorno dopo che quest’ultimo approva il distacco dall’Urss.
- Cosa succede alla frontiera? Armenia e Azerbaijan si lanciano accuse reciproche di bombardare aree abitate da popolazione civile. Il ministro della difesa azero ha detto che un civile, un uomo di 76 anni, è stato ucciso nel suo villaggio di Agdam a seguito dei bombardamenti armeni. Poi ha aggiunto che cinque militari azeri e un generale sono stati uccisi. L’Armenia, da parte sua, ha accusato l’Azerbaijan di avere bombardato la città di Berd. Negli scontri, anche con colpi di artiglieria, sono stati distrutti gli impianti e le pipeline per fornitura del gas nei paesi degli altipiani. Lo ha confermato il colosso energetico russo Gazprom. L’Osce sta probando a mediare tra i due Stati fin dal 2016 quando ripresero i primi scontri.
- Diplomazia al lavoro con poco successo. L’escalation militare è ricominciata dopo che il presidente azero Aliyev ha criticato la mediazione internazionale e i negoziati in corso con l’Armenia. L’Azerbaijan accusa anche l’Armenia di tirare in lungo la questione e mettere in crisi i negoziati per mantenere lo status quo attuale. Il governo di Baku vive, secondo la BBC, una frustrazione continua per la questione mai risolta del Nagorno-Karabakh. Il primo ministro armeno, Nikol Pashinian, ha invece proposto di includere il governo autonomo del Nagorno-Karabakh al tavolo dei negoziati di pace. Una proposta inaccettabile per gli azeri perché implicherebbe un riconoscimento indiretto della Repubblica del Nagorno-Karabakh.