Russia e Cina faranno davvero un’alleanza? O flirtano per convenienza? Mosca ha bisogno di Pechino più di quanto Pechino ha bisogno di Mosca.
Russia e Cina verso un’alleanza? Il magazine americano Foreign Affairs pone la questione sul numero di questo trimestre. L’analisi della rivista porta a una conclusione be definita. La Russia ha bisogno della Cina più di quanto i cinesi abbiano bisogno dei russi.
La sintesi di Foreign Affairs introduce un altro tema centrale della politica internazionale attuale: l’ordine mondiale sta ristrutturandosi e tende a un sistema bipolare dove i due protagonisti, i due poli, sono gli Stati Uniti e la Cina. E Mosca giocherà un ruolo di secondo piano.
La Russia insomma, che non è l’Unione Sovietica, ha perso il suo potere politico e economico in campo internazionale. Eppure molti analisti di politica internazionale sono convinti che sul palcoscenico globale stia nascendo un’alleanza tra Russia e Cina.
A uno sguardo più ravvicinato, la cooperazione militare, economica e di politica estera tra i due Paesi sembra meno evidente e di portata minore di quanto appaia. Anzi, per Foreign Affairs la relazione attuale è stata enormemente esagerata.
I dati economici della relazione Russia Cina
Le relazioni economiche tra i due Paesi sono in crescita. Questo sarebbe la prova, per molti esperti, di un avvicinamento crescente tra cinesi e russi. Infatti, nel 2018 gli scambi commerciali sono aumentati del 15% rispetto al 2017 con un volume di affari pari a 100 miliardi di dollari.
La cautela però è d’obbligo. La Cina è il secondo partner commerciale della Russia dopo l’Unione Europea. E’ quindi il primo partner individuale di Mosca per le importazioni e esportazioni. Per Pechino il mercato russo è uno sbocco importante. Nonostante questo, la Russia si posiziona però al decimo posto dell’export cinese.
Inoltre, tre quarti delle esportazioni russe in Cina sono materie prime, come petrolio, legno e carbone. Le vendite cinesi in Russia sono per il 45% beni di consumo e per il 38% macchinari e elettronica. La realizzazione nel 2019 del gasdotto in Siberia, permetterà ai cinesi di importare gas naturale per un valore di 400 miliardi di dollari nei prossimi 30 anni. Un’altra materia prima russa che prende il volo per la Cina.
La natura di questa relazione russo-cinese si avvicina quindi molto al concetto che Karl Marx e Vladimir Lenin definivano “commercio coloniale”. Secondo questo principio, un Paese diventava propaggine di un altro per le materie prime. Avviene dunque uno sfruttamento delle risorse naturali simile a quello fatto dai Paesi colonialisti del XIX secolo.
Anche gli sforzi di Mosca e Pechino in investimenti e sviluppo economico congiunto non assomigliano a una cooperazione tra due alleati che si rispettano. Nonostante le sanzioni imposte alla Russia dopo il colpo di mano sulla Crimea nel 2014, la Cina ha investito poco in terra russa. Non più di 24 miliardi di dollari tra il 2014 e il 2018. Nello stesso periodo, la Cina ha investito 148 miliardi nell’Africa Sub-Sahariana (31 miliardi solo in Nigeria), 88 miliardi in Sud America (di cui 34 solo in Brasile).
Se consideriamo il programma di investimenti russo-cinese nell’estremo oriente l’impressione è la stessa. Il piano era stato firmato nel 2009 dai presidenti Hu Jintao e Dmitry Medevedev. Prevedeva una serie di interventi economici nell’arco temporale 2009-2018 nella Siberia orientale russa e nella Cina nord-orientale. Dei 91 progetti di investimento la Cina ne ha finanziati solo 11!
La parsimonia cinese non giova molto alla Russia assetata di scambi commerciali e potenziamento della sua economia.
La distanza in politica estera
Se Russia e Cina sono distanti sul fronte del commercio estero, non fanno meglio in politica estera. Ciò che le avvicina è la loro opposizione agli Stati Uniti di Donald Trump. Entrambe sostengono un mondo multipolare. Entrambe dicono di resistere ai tentativi americani di inserirsi nelle loro sfere di influenza e affari interni. Per questa ragione votano sempre in modo uniforme all’Onu.
Nonostante questa apparente cooperazione, Mosca e Pechino non sono allineate nella politica internazionale. La Cina per esempio non ha sostenuto la Russia in questioni geopolitiche per lei importanti. Ha rifiutato di riconoscere l’indipendenza dell’Abkazia e dell’Ossezia del Sud dopo la guerra russo-georgiana del 2008. Si è astenuta nel Consiglio di Sicurezza sulla risoluzione di condanna dell’annessione russa della Crimea nel 2014. Mosca si aspettava un voto contrario. Ha inaugurato la Belt and Road Iniziative (la via della seta) nel 2013 a Astana, capitale del Kazakistan. E’ la più grande delle ex- repubbliche sovietiche nell’Asia centrale e condivide oltre 4000 miglia di frontiera con la Russia. Vladimir Putin tenta di estendere l’influenza di Mosca nel Paese. Quindi la mossa di Xi Jinping è stata percepita al Cremlino come un tentativo cinese di infilarsi nella sfera di influenza russa.
Da parte sua la Russia spesso flirta con lo storico nemico della Cina: il Giappone. In più occasioni, Mosca ha fatto intendere di trattare il ritorno delle 4 isole Kurili, annesse all’Urss dopo la guerra e rivendicate dal Giappone. Le isole costituiscono il principale ostacolo al trattato di pace tra russi e giapponesi, mai firmato dalla fine della seconda guerra mondiale. Putin nell’incontro con il premier giapponese Shinto Abe lo scorso gennaio ha anche lanciato la proposta di cedere due isole su quattro al Giappone, irritando i cinesi.
Il top della discordia è stato all’interno dell’organizzazione Shangai Cooperation, un forum di sicurezza e cooperazione dei paesi asiatici per promuovere la collaborazione reciproca in diversi campi. Putin ha invitato a partecipare l’India, un altro nemico storico di Pechino.
Con questi aspetti cambia la prospettiva di una facile alleanza tra i due giganti dell’est. Più probabile che avvenga un riavvicinamento della Russia con gli Stati Uniti, ora che il procuratore americano Mueller non è riuscito a trovare nessuna prova che comprometta Trump con il Russiagate e con gli affari di Putin. E soprattutto, più facile un avvicinamento con l’Europa. Ora sta a Usa e Ue offrire opportunità ai russi.