Qasem Soleimani: cosa succede dopo l’uccisione del generale iraniano

Inevitabile l’escalation militare dopo l’uccisione del generale iraniano Qasem Soleimani. L’Iran minaccia vendetta. Il raid ordinato da Trump.

Qasem Soleimani, uno degli uomini più potenti dell’Iran, è stato ucciso venerdì 3 gennaio durante un raid aereo americano nei pressi dell’aeroporto di Baghdad. L’attacco è stato ordinato direttamente dal presidente Usa Donald Trump. Il generale Soleimani guidava da anni i Guardiani della Rivoluzione, era responsabile delle operazioni militari iraniane all’estero, era il numero due del regime e uomo alle dirette dipendenze dell’Ayatollah Ali Khamenei, il leader supremo e guida spirituale dell’Iran. Probabilmente, sarebbe stato il futuro capo del governo se non fosse inciampato ieri mattina nell’incursione militare americana.

L’uccisione dell’uomo forte di Teheran non resterà senza conseguenze. L’Iran lo ha già annunciato senza mezzi termini: “ci vendicheremo” ha fatto sapere Ali Khamenei. Che equivale a una dichiarazione di guerra verso Trump. Il presidente Usa ha ammesso di avere ordinato personalmente l’attacco contro il convoglio di Soleimani e ha rincarato la dose dicendo che andava ucciso molto prima.

A peggiorare la situazione è notizia di questa notte che gli Stati Uniti hanno ucciso in un raid nei pressi di Baghdad Shibl al Zaidi, leader delle milizie filo-iraniane operative in Iraq. Con lui è morto anche il fratello e le cinque guardie del corpo.

Due attacchi, dunque, duri e mirati contro l’Iran. E’ la risposta di Casa Bianca e Pentagono all’assedio da parte delle milizie sciite irachene di Kataib Hezbollah all’ambasciata Usa a Baghdad di domenica 30 dicembre. L’assedio era avvenuto per chiedere il ritiro dall’Iraq dei soldati americani. Ma anche come protesta contro un raid aereo Usa che aveva ucciso 25 militanti dello stesso movimento sciita. Washington aveva spiegato l’attacco come una rappresaglia dopo l’uccisione di un contractor (leggi mercenario) Usa.

Soleimani, 62 anni e uomo chiave del regime iraniano, era il bersaglio che né George Bush jr. né Barack Obama hanno mai voluto colpire. I due ex-presidenti ritenevano troppo rischiosa una sua uccisione a causa delle ripercussioni pericolose che avrebbe potuto avere sugli equilibri mediorientali. Ora la sua morte rende molto vicino, quasi inevitabile, un conflitto Stati Uniti-Iran.

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