Putin sfodera i muscoli, ma nasconde il nervosismo: un missile per mascherare la crisi.
Vladimir Putin ha scelto di alzare ulteriormente la tensione: il lancio di un missile balistico intercontinentale su Dnipro e le minacce all’Occidente segnano un’escalation senza precedenti nella guerra in Ucraina. “Non escludiamo l’uso di altri missili intercontinentali in caso di escalation,” ha dichiarato il leader del Cremlino, evocando scenari inquietanti per l’Europa.
Tuttavia, dietro questa dimostrazione di forza si celano segnali evidenti di difficoltà. Dopo oltre due anni e mezzo di conflitto, la Russia si trova impantanata in una guerra logorante che sta minando non solo la sua economia ma anche la reputazione internazionale del suo presidente.
L’Occidente reagisce: Nato e Ue si compattano
Il lancio del missile ha scatenato una dura risposta internazionale. La Nato ha convocato il Consiglio Nato-Ucraina, mentre Francia e Regno Unito hanno pubblicato una dichiarazione congiunta di condanna. Il premier polacco Donald Tusk ha definito la questione russa “un problema gravissimo”, mentre la Germania ha accelerato i preparativi di un piano di emergenza segreto per fronteggiare un eventuale attacco russo.
Questa compattezza è un colpo duro per Putin, che negli ultimi mesi ha tentato senza successo di dividere i Paesi occidentali attraverso la propaganda e la pressione economica.
Credibilità a rischio: le minacce vuote di Mosca
Il continuo ricorso a minacce nucleari ha iniziato a logorare la credibilità del Cremlino. Dal 2022, Putin e i suoi più stretti collaboratori – come Dmitry Medvedev – hanno spesso paventato l’uso di armi nucleari senza mai arrivare a un’azione concreta. Questo gioco rischioso mette a dura prova la fiducia degli alleati asiatici e caucasici di Mosca, che si aspettano risposte più concrete dal loro leader.
Il missile lanciato su Dnipro sembra più un segnale di frustrazione che di forza. La dottrina del “first strike” – che prevede la totale distruzione dell’avversario con un attacco iniziale – è ben nota a Putin, che sa che colpire un Paese Nato significherebbe la fine della Russia. L’arsenale occidentale garantirebbe infatti una risposta devastante, rendendo le minacce nucleari un semplice bluff.
Le difficoltà interne: l’ombra di Pyongyang e il malcontento latente
Se le minacce a Occidente appaiono vuote, i problemi interni di Putin sono invece molto concreti. Le sanzioni internazionali stanno lentamente ma inesorabilmente logorando l’economia russa, alimentando un malcontento che potrebbe emergere con forza.
L’apparente presenza di militari nordcoreani in Ucraina, frutto di un presunto accordo con Kim Jong-un, è un segnale inequivocabile delle difficoltà di Mosca. Putin avrebbe scambiato missili con soldati di Pyongyang, dimostrando la crescente dipendenza da alleati discutibili e l’incapacità di sostenere uno sforzo bellico con risorse interne.
Un gioco pericoloso
Putin continua a scommettere sul suo potere di intimidazione, ma il margine per bluffare si sta riducendo. L’Occidente appare compatto, la Russia più isolata, e le difficoltà interne rischiano di trasformarsi in una tempesta perfetta.
Le dimostrazioni di forza, come il lancio del missile, non bastano più a mascherare la crisi di un leader che sembra spinto all’angolo.
L’isolamento tecnologico: il tallone d’Achille della Russia
Un altro aspetto che sottolinea la crisi di Putin è l’isolamento tecnologico in cui si trova la Russia. Le sanzioni occidentali hanno colpito duramente settori strategici come la produzione industriale e la difesa. La difficoltà nell’accesso a semiconduttori avanzati, componenti elettronici e software di ultima generazione ha rallentato la capacità russa di modernizzare le proprie infrastrutture civili e militari.
Questo isolamento ha un impatto diretto sul conflitto in Ucraina: Mosca fatica a rimpiazzare le perdite tecnologiche sul campo, dai droni ai sistemi di comunicazione critici. Anche i progetti ambiziosi del Cremlino, come lo sviluppo di armi ipersoniche o di sistemi missilistici avanzati, potrebbero essere compromessi dalla mancanza di tecnologia all’avanguardia.
Inoltre, l’incapacità di mantenere un’industria tecnologica competitiva mina le prospettive economiche a lungo termine della Russia, spingendo il Paese verso una crescente dipendenza da partner come Cina e Corea del Nord. Questa subordinazione riduce il margine di manovra di Putin sulla scena internazionale, aggravando la sua posizione sia strategicamente sia economicamente.
Il bluff strategico di Putin e i rischi di un isolamento crescente
La crisi di Vladimir Putin è il risultato di una combinazione di fattori interni e internazionali che stanno erodendo progressivamente la capacità del Cremlino di influenzare gli equilibri globali. Il lancio del missile intercontinentale su Dnipro e le minacce all’Occidente rappresentano un tentativo disperato di riaffermare una posizione di forza che, però, appare sempre più fragile.
Le difficoltà militari in Ucraina, l’impatto devastante delle sanzioni economiche, l’erosione del consenso interno e le tensioni con alleati strategici come la Cina dipingono il quadro di una Russia che fatica a sostenere le sue ambizioni imperiali. Mosca, un tempo protagonista di un multipolarismo strategico, rischia di essere relegata al ruolo di pedina subordinata nelle dinamiche geopolitiche globali.
Il bluff nucleare di Putin, seppur pericoloso, non sembra sufficiente a ribaltare questa tendenza. La dottrina del “first strike” e il rischio di una risposta devastante da parte della Nato rendono l’opzione atomica poco più di una minaccia retorica. Allo stesso tempo, il crescente isolamento tecnologico e la dipendenza economica dalla Cina evidenziano una Russia sempre più vulnerabile.
Il futuro di Putin dipenderà dalla sua capacità di invertire questa spirale negativa. Tuttavia, con un’Europa e una Nato più unite, un’economia nazionale sotto pressione e un malcontento interno che serpeggia, le opzioni a disposizione del Cremlino si stanno restringendo.
In un contesto così complesso, l’abilità di Putin nel mantenere il controllo e preservare la sua leadership potrebbe rivelarsi il vero test del suo potere. Ma ogni ulteriore passo falso, ogni nuova minaccia vuota, potrebbe spingerlo ancora di più sull’orlo del precipizio politico.