Il ministro francese per gli Affari Europei ha parlato di tempi lunghissimi per l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea. Il progetto francese.
Clement Baune, ministro francese per gli Affari Europei, ha detto che ci vogliono almeno 15 o 20 anni prima che l’Ucraina entri nell’Unione Europea. La dichiarazione segue di qualche settimana quella di Emmanuel Macron. Il presidente francese aveva parlato di un percorso lungo diversi anni, anche un decennio.
Quella che sembra essere una doccia fredda per Volodymyr Zelensky nasconde in realtà un progetto diplomatico di Parigi sull’allargamento dell’Ue.
Cominciamo con il fatto che Macron e il suo ministro Baune non dicono nulla di nuovo sull’ingresso di Kiev nel club Europa. Per diventare membri non è sufficiente presentare la domanda come è stato fatto a fini mediatici da Ursula von der Leyen e lo stesso Zelensky durante il viaggio in treno a Kiev della presidente della Commissione Europea. Come si ricorderà, davanti alla stampa, der Leyen ha consegnato a Zelensky la busta contenente il questionario di adesione all’Ue.
Macron e Baune sono schietti perché sanno che i tempi richiesti dalle procedure sono lunghi, molto lunghi. Occorre soddisfare una serie di requisiti, alcuni dei quali vanno monitorati per anni. Come quello del rispetto dei principi democratici: elezioni trasparenti, diritti umani, stato di diritto, sistema istituzionale. Tutti principi che vanno monitorati nel tempo.
Ci sono anche molti altri parametri, come per esempio il grado di corruzione, che fanno allungare i tempi. L’iter insomma è complesso e lungo. Come ha scritto qualche osservatore, oggi è più facile entrare nella Nato che nell’Ue.
Invece, se si vuole semplificare il percorso vanno modificati i trattati europei. Prospettiva sconveniente perché allungherebbe ancora di più i tempi data la complessità giuridica ma soprattutto le alchimie politiche di 27 Stati che vanno messi tutti d’accordo.
Il progetto francese
La schiettezza francese non è mossa solo dal senso di correttezza e realismo. La diplomazia parigina ha un progetto ben definito. Macron lo ha fatto intendere nel suo intervento al Parlamento Europeo subito dopo le elezioni.
Il capo dell’Eliseo guarda a un’entità parallela di Stati filo-europei associata all’Ue. Una partnership in sostanza tra questa nuova comunità e l’Ue. Ne farebbero parte i Paesi che rispondono ai valori democratici. Ciò non preclude loro di fare domanda per l’Ue. Il vantaggio sta nel fatto che avrebbero alcune prerogative dei Paesi Ue, tutte ancora da definire.
Parigi pensa quindi a una nuova comunità europea indipendente di Stati alla quale apparterebbero per esempio esempio Ucraina, Moldavia e Georgia. Questa nuova organizzazione consentirebbe alle nazioni europee democratiche, ripete Macron, di trovare un nuovo spazio per la cooperazione politica, la sicurezza, la cooperazione nell’energia, i trasporti, gli investimenti, le infrastrutture, la circolazione delle persone. La loro partecipazione e il loro comportamento sarebbero un test per monitorare se ci sono le condizioni per diventare membri Ue a tutti gli effetti.
La posizione della Francia è condivisibile e ragionevole. La storia ha dimostrato che l’allargamento in blocco dell’Ue non ha portato grandi vantaggi ai Paesi membri. Prendere decisioni è molto difficile perché nel Consiglio Europeo esiste il diritto di veto. E puntualmente alcuni Stati minacciano di utilizzarlo. Inoltre diventa difficile coordinare la politica fiscale. I costi per l’Ue aumentano perché, come ci ha insegnato Robert Gilpin ma anche Carlo Maria Santoro, più un “impero” si espande più diventa difficile governarlo e gestirne lo status quo.
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