Il presidente della Turchia ha espulso il 23 ottobre 10 ambasciatori di Stati stranieri. L’accusa è quella di avere fatto un appello per la scarcerazione di Osman Kavala, attivista turco in carcere dal 2017. Sul banco degli imputati sono finiti i rappresentanti diplomatici di Canada, Francia, Finlandia, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia, Svezia e Stati Uniti. La causa è stata una dichiarazione congiunta dei dieci ambasciatori in cui si chiedeva la libertà per l’attivista. Recep Tayyp Erdogan non ha gradito il pressing diplomatico e ha dichiarato persone non grate i diplomatici. Kavala è un imprenditore turco arrestato nel 2017 con accuse ritenute pretestuose di un suo collegamento con il colpo di Stato fallito del luglio 2016. Le opposizioni a Erdogan però hanno comunicato che la scelta di espellere gli ambasciatori sia una mossa per deviare l’attenzione dalle gravi difficoltà economiche la Turchia sta affrontando. In effetti, la crisi diplomatica coincide con le preoccupazioni degli investitori per il crollo della lira turca a un record mai visto. La Banca Centrale della Turchia ha tagliato una settimana fa di 200 punti i tassi di interesse sotto la pressione dello stesso Erdogan per stimolare l’economia. Il 25 ottobre avviene la svolta. il presidente turco ha ritrattato. Con una formula diplomatica ha dichiarato di aspettarsi che “i dieci ambasciatori si comportino in conformità con la Convenzione di Vienna“. Il riferimento è all’articolo 41 della Convenzione di Vienna, in cui si sancisce che i corpi diplomatici devono fare a meno di interferire negli affari interni dei Paesi in cui prestano servizio. Erdogan ha detto che era suo dovere rispondere alle dichiarazioni. Tutto quindi fa sembrare che gli ambasciatori non saranno espulsi e che il leader turco ha ritrattato.