Enrico Letta, ex-premier italiano, interviene in una lezione sul tema Italia nell’Unione Europea alla facoltà di Scienze Politiche di Milano.
“Le prime cinque volte dell’Unione Europea”. Enrico Letta, ex presidente del Consiglio dei Ministri, è intervenuto lo scorso 12 ottobre in una lezione sul tema Italia nell’Unione Europea aperta ai giornalisti alla facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Milano.
L’ex premier ha individuato cinque punti originali, cinque prime volte come le ha chiamate Letta, che l’Unione Europea dovrà affrontare dopo le elezioni per il Parlamento Europeo del maggio 2019.
Prima di lui è intervenuto il presidente del Centro Studi sul Federalismo, Alfonso Iozzo, che ha toccato il tema della crisi delle grandi istituzioni internazionali di cooperazione, tutte nate dopo la Seconda Guerra Mondiale. Tra queste, l’unica che ha raggiunto un livello di sviluppo e integrazione avanzato è l’Ue. Che comunque affronta una crisi forte, e non solo economico-monetaria ma anche di stabilità e integrazione politica minacciate da spinte centrifughe.
In questo contesto, ha spiegato Iozzo, l’Italia nell’Unione Europea si caratterizza per essere l’unico Paese che, pur avendo una situazione economica debole, non ha mai fatto ricorso allo European Stability Fund, il fondo salva-stati che è intervenuto con iniezioni di liquidità in Grecia, Irlanda, Portogallo.
Le prime cinque volte dell’Ue
Letta ha invece rivolto la sua analisi verso quello che succederà dopo le elezioni europee del prossimo maggio. La corsa al Parlamento Europeo del 2019, ha spiegato l’ex-premier italiano, porterà l’Ue a sperimentare cinque prime volte della sua storia.
- Si voterà al Parlamento Europeo con un Paese che se n’è andato. E il problema non sono tanto i 73 seggi liberati dagli europarlamentari britannici, posti che dovranno ripartirsi le forze politiche degli altri Stati. I problemi sono creati dai possibili effetti della Brexit. Se la Gran Bretagna sopravvive bene all’uscita dall’Ue, i sovranisti sosterranno che allora si può vivere senza Bruxelles con la conseguenza di avere un effetto domino.
- Nelle elezioni del Parlamento Ue si parlerà per la prima volta di Europa. La storia delle campagne elettorali comunitarie è sempre stata caratterizzata da due argomenti di discussione: temi di politica interna usati dall’opposizione per dare la spallata e mostrare di essere più forte della maggioranza che governa uno Stato; promesse di portare maggiori fondi strutturali comunitari nei bacini elettorali dei candidati.
- Sarà spezzato l’asse composto dalle due famiglie europee che hanno sempre governato il Parlamento Europeo dalla sua istituzione nel 1979: il Partito Popolare Europeo (Ppe) e il Partito Socialista Europeo (Pse). Tutte le figure nominate nelle istituzioni europee hanno sempre appartenuto, con qualche rara eccezione, a queste due grandi famiglie. Si pensi ai presidenti della Commissione Europea, ai presidenti del Parlamento Europeo, all’alto rappresentante della Politica Estera Ue, al governatore della Banca Centrale Europea. E’ un modello istituzionale molto simile al Parlamento tedesco, con due grandi coalizione politiche che si contrappongono ma trattano soluzioni dentro il Bundestag. Secondo Letta, queste forze politiche raggiungeranno insieme circa il 40%. Avanzeranno le forze politiche sovraniste, cioè quelle che danno più rilevanza alle istanze nazionali che a quelle europee. Questa rappresentanza dei sovranisti sarà consistente e darà al Parlamento Europeo una forma più vicina al modello italiano.
- A seguito delle elezioni parlamentari europee, gli Stati nomineranno in Commissione Europea rappresentanti sovranisti e poco europeisti. Una situazione instabile di governo potrebbe crearsi dentro la Commissione Europea.
- La Germania ha candidato i propri uomini in due istituzioni europee fondamentali: la Banca Centrale Europea e la presidenza della Commissione Europea. Berlino, che ospita la BCE, non ha mai avuto rappresentanti nelle cariche europee più alte.