L’Isis e il falso ottimismo dell’Occidente

La marcia dello Stato Islamico continua inarrestabile. I Paesi occidentali invece sono convinti che oggi l’Isis sia più debole di un anno fa, quando i jihadisti conquistarono la città irachena di Mosul. Ecco perché l’Occidente si sta ingannando da solo.

L'auto inganno dell'Occidente e la marcia dell'Isis
Milizie dello Stato Islamico verso la città irachena di Mosul (giugno 2014)

Da quando i miliziani del Califfato di Abu Bakr al-Baghdadi conquistarono il 10 giugno 2014 la città irachena di Mosul, l’avanzata dello Stato Islamico è stata inarrestabile. Intanto, i rappresentanti dei Paesi occidentali mostravano ottimismo, ostentando di avere la situazione sotto controllo. E dichiarando,  di recente, che l’Isis oggi controlla meno territori di un anno fa. Discussioni insomma tante, fatti e strategie pochi. L’ultimo esempio è stato il vertice “a vuoto” di Parigi. Nessuno però sembra ricordare l’insegnamento di Tito Livio: “Mentre a Roma si discute, Sagunto è espugnata”.

Andiamo però con ordine. Prima della presa di Mosul nel 2014, i Paesi occidentali prestarono scarsa attenzione ai primi passi dell’Isis. Soprattutto alla crescente influenza che i miliziani dello Stato Islamico stavano guadagnando nell’area di frontiera tra Siria e Iraq fino alla città di Aleppo. E quando a giugno 2014 Mosul cadde nelle mani dei jihadisti, gran parte dell’Iraq nord-occidentale era già silenziosamente targato Stato Islamico.

I primi raid aerei della coalizione contro l’Isis sono cominciati lo scorso agosto. Galeotto dell’alleanza fu, per così dire, l’assedio della città di Kobane, nel nord della Siria a due passi dalla frontiera turca. Kobane è la più importante città del Kurdistan. L’avanzata dell’Isis aveva fatto cadere diverse città curde. Ma Kobane era un simbolo. Così, dopo quattro mesi e mezzo di assedio da parte dei miliziani jihadisti, i raid aerei Usa aiutarono a respingere la marcia dello Stato Islamico.

Questo successo fu accompagnato, durante la primavera 2015, dalla riconquista della città irachena di Tikrit. Il Pentagono aveva annunciato la sua ripresa. E così fu. Dopo un mese di combattimenti, condotti a terra dall’esercito regolare iracheno e supportato dai raid degli Stati Uniti, Tikrit fu liberata il 31 marzo.

La retorica dell’Occidente, e dei suoi apparati, sulla fine imminente dello Stato Islamico si scatenò. Nonostante però i successi delle offensive militari, lo Stato Islamico diventava più forte. Di certo non era più debole. La tempra jihadista sembrava resistere a ogni accadimento. Dopo la sconfitta a Kobane, dopo oltre 700 raid aerei dei caccia americani che avevano scaricato bombe nella zona tra Siria e Iraq, il Califfato stava ancora in piedi. Una tempra probabilmente fondata su un mix di disciplina e risolutezza. Tanto da avere una crescita dei foreign fighters, i combattenti che arrivano dall’estero per unirsi alle milizie dell’Isis. Tanto da controllare un territorio di circa 6 milioni di persone.

Lo Stato Islamico quindi non era, e neppure è, al collasso come diceva certa propaganda occidentale. Inoltre, la conquista recente della città irachena di Ramadi e quella siriana di Palmira dimostrano che l’Isis non solo è vivo e vegeto, ma anche che c’è da stare poco ottimisti vista la situazione libica e le minacce jihadiste di attentati nel Balcani.

L’Occidente dunque si illude e inganna se stesso se continua a pensare a un indebolimento dello Stato Islamico. In realtà i miliziani dell’Isis continuano ad attaccare su più fronti, anche a centinaia o migliaia di chilometri l’uno dall’altro. E mostrano tattica militare e forza. Lo Stato Islamico avanza, conquista città e controlla zone geografiche. Nonostante i raid aerei degli americani. Ciò che lascia perplessi è che gli attacchi dei jihadisti non sono inaspettati come fu con Mosul lo scorso giugno. Quasi sempre erano stati previsti, o addirittura conosciuti. Non si è fatto però nulla per fermarli.

Davanti a tutto questo, l’Occidente ha reagito negando il fallimento della sua strategia militare e sostenendo che lo Stato Islamico stia arretrando e perdendo il controllo del territorio. Anthony Blinken, il Segretario di Stato Usa che sta sostituendo John Kerry infortunato, ha detto a Parigi che l’Isis controlla meno territorio di un anno fa e che i raid aerei hanno ucciso finora diecimila jihadisti. La questione territoriale probabilmente non è vera. Il punto però è che non ha alcun significato. Quella dell’Isis è la tecnica della guerriglia. Di conseguenza l’ampiezza o meno del territorio sotto il suo controllo conta poco o niente. Invece, se fosse vero che i raid aerei hanno ucciso diecimila jihadisti ci sarebbe da preoccuparsi seriamente. Perché vuole dire che lo Stato Islamico ha arruolato molti più uomini di quelli che si pensa. Se l’Isis continua ad attaccare su più fronti nonostante abbia perso diecimila uomini, significa che ha un “esercito” di molte migliaia di combattenti.

Finora, la sola strategia occidentale è quella di armare e addestrare le tribù sunnite. Questo poteva funzionare nel 2006, dopo la guerra di Bush jr e con i fucili puntati di circa 150.000 soldati americani presenti in Iraq contro Al Qaida. Oggi fare questo è una pia illusione. L’Isis è molto più violento e brutale di al-Qaida, che pare una formazione obsoleta. I sunniti che combattono l’Isis vengono puntualmente massacrati dai jihadisti dopo ogni conquista. Dove trovino l’ottimismo i leader occidentali, non è dato sapere. Come facciano a restare immobili dinanzi alla marcia minacciosa jihadista ormai alle frontiere dell’Europa, non è dato sapere. Quando l’Isis farà svanire le illusioni occidentali, allora sapremo.

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