Il presidente russo ha accettato la proposta di un’eventuale annessione dei territori ucraini occupati, sdoganando così i referendum nel Donbass. Putin fa il discorso della svolta russa in Ucraina.
Vladimir Putin ha annunciato la svolta della Russia in Ucraina. Da “operazione militare speciale”, così il Cremlino ha sempre definito l’invasione, Mosca passa a un maggiore coinvolgimento che ha tutto il sapore di una guerra totale.
Con un discorso televisivo nella mattinata del primo giorno d’autunno, Putin ha spiegato a milioni di telespettatori sparsi da ovest a est attraverso il grande territorio russo, e altrettanti nel mondo, quale sarà l’evoluzione dell’operazione militare.
Il Presidente ha detto in diretta che si passa nella stesso giornata a una mobilitazione parziale “per difenderci dall’Occidente”, che comporta il ricorso a a 300.000 riservisti da inviare nel pantano ucraino. Si tratta dei giovani fino a 26 anni, già formati durante il servizio militare, che riceveranno un addestramento particolare. L’annuncio ha lo scopo di ridare vigore e fiducia alle truppe già presenti in Ucraina. La mobilitazione parziale segue le modifiche al Codice Penale russo, annunciate il 20 settembre, che avevano già fatto intuire le mosse del governo: introduzione della legge marziale, detenzione fino a 15 anni per chi protesta e compie saccheggi nel periodo di legge marziale, da 5 a 10 anni di reclusione per renitenza alla leva, diserzione o abbandono non autorizzato dell’unità di servizio, 5 anni per distruzione di armi.
Per giustificare la mobilitazione parziale, Putin ha fatto ricorso ai soliti slogan della comunicazione del Cremlino: accuse all’Occidente che vuole distruggere la Russia, lotta ai neonazisti ucraini, rischi di attentati terroristici nel Paese (naturalmente promossi dall’Occidente). Come nel 1991 hanno provato a distruggere l’Unione Sovietica, ha proseguito il capo del Cremlino, oggi vogliono sconfiggere la Federazione Russa. Il primo passo è stato quello che Putin definisce il “colpo di Stato” ucraino nel 2013 (quando le manifestazioni di piazza costrinsero alla fuga il presidente filorusso Yanukovich) volto a insediare un presidente gradito all’Occidente e inserirla nella Nato. Per questo l’operazione militare è stata inevitabile, ha concluso il presidente.
Infine, Putin ha annunciato di accogliere la proposta della Duma e del Ministero della Difesa di accettare l’eventuale annessione dei territori occupati nel Donbass qualora i referendum indetti per il 23 e 27 settembre certifichino la volontà di annessione delle popolazioni. Ha puntato il dito contro il governo di Kiev perché ha abbandonato la possibilità di una soluzione pacifica, manifestando la volontà di possedere armi atomiche. E ha fatto intendere che anche la Russia possiede armi nucleari e che è pronta a usarle.
La farsa di Putin sui referendum e sulla guerra si consuma in questo modo. Davanti a un pubblico che è andato nel panico, come dimostra la corsa a fuggire dalla Russia con aeroporti e stazioni prese d’assalto. Aeroflot ha dovuto bloccare la vendita dei biglietti per gli uomini dai 18 ai 65 anni. Numerose le proteste spontanee nelle città con centinaia di arresti. Non sono molti i Paesi in cui possono fuggire i russi a causa del blocco dei visti. Solo Turchia, Egitto, Bielorussia, Emirati Arabi Uniti, Armenia e Azerbaijan non hanno messo blocchi. Esauriti i biglietti per Erevan, Baku o Istanbul. Una petizione online russa per firmare contro la mobilitazione ha già raccolto 290.000 firme.
Intanto, a New York dove è in corso la sessione annuale dell’Assemblea Generale dell’Onu, i leader mondiali hanno condannato la nuova linea di guerra annunciata da Putin. Da Joe Biden a Mario Draghi fino a Antonio Guterres, le reazioni al discorso di Putin non sono mancate. Draghi ha citato Gorbaciov: “La forza non è più uno strumento di politica estera”.
Nei giorni scorsi la Russia ha emanato un decreto che dà la possibilità di avere la cittadinanza russa a chi si arruola nelle forze armate e stipula un contratto con l’esercito. Una prospettiva che ha fatto intervenire i presidenti di Kyrghyzstan Turkmenistan e Kazakistan con un appello ai loro connazionali a non andare in guerra. E’ un segnale importante di una crisi dentro il sistema russo dal momento che alcuni di questi Paesi sono nell’accordo di cooperazione militare di Shanghai.