Il presidente russo punta a una “coreizzazione” dell’Ucraina. I cinque punti della strategia di Putin nel Donbass.
In questo articolo spiegavo perché Vladimir Putin vuole il Donbass. Ragioni di geopolitica; disegno di un nuovo ordine globale; risorse naturali energetiche ma soprattutto metalli e terre rare indispensabili all’industria del futuro.
Il 19 aprile il presidente russo ha iniziato l’attacco su vasta scala nella regione dell’Ucraina orientale confinante con la Russia. Ma qual è la strategia di Putin nel Donbass?
Provo a spiegarlo in cinque punti.
- Il mondo ha assistito al fallimento della prima fase dell’operazione militare russa in Ucraina. Anche milioni di russi, nonostante l’inutile censura del web, hanno visto la lotta in versione moderna di Davide contro Golia. La resistenza ucraina non si è piegata e i costi in vite umane russe cominciavano a diventare pesanti anche per Mosca. Putin però deve portare a casa qualcosa per dimostrare che la sua guerra è servita a qualcosa. Decide quindi di giocarsi ogni cosa sul Donbass, il territorio da cui tutto è iniziato. La regione non solo confina con la Russia a est, consentendo un’espansione in caso di annessione. Soprattutto rende possibile spaccare in due l’Ucraina con una linea di confine verticale da nord a sud, assicurando una continuità territoriale dalla Crimea al Donbass. Questo disegno ricorda la divisione tra le due Coree dopo la guerra del 1951. La “coreizzazione”, chiamiamola così, dell’Ucraina salverebbe “l’onore di Putin”. La Russia, come già detto, si espanderebbe verso ovest, dando una parvenza di vantaggio territoriale a quei russi che ancora danno retta al presidente.
- Attaccare dunque il Donbass senza dimenticare il resto del Paese. La strategia di Putin è quella di creare una tensione continua nel resto dell’Ucraina. Per questo l’esercito del Cremlino prosegue i raid e bombardamenti su Kiev, Leopoli e altre città. Tenere impegnate le forze ucraine in queste zone per evitare il loro spostamento a est. Questa tattica per ora sembra funzionare. Inoltre Putin vuole occupare la striscia meridionale dell’Ucraina lungo la costa del Mar Nero. Da lì congiungersi con la Transnistria, la regione separatista filo russa della Moldavia.
- Creare escalation per ottenere la desescalation. Questa è una mossa tipica della dottrina militare russa sia sovietica sia pre-sovietica. Putin non inventa niente di nuovo. Nikita Kruscev era in questo un maestro. Teneva alta la tensione diplomatica con gli Usa per ottenere vantaggi in sede di trattativa. Si pensi, per esempio, alla crisi dei missili a Cuba. Prima di lui Stalin e Lenin avevano praticato la medesima dottrina così come alcuni zar.
- I costi di una inazione restano più alti di quelli di un’escalation. Non è facile a dirsi, ma con le sanzioni occidentali che mordono l’economia russa, per Putin è più costoso in questo momento fermare la campagna in Ucraina che continuare la guerra. In altre parole, i benefici di uno stop alla guerra sono minori dato che le sanzioni ormai si abbattono contro tutto lo Stato russo.
- Nel Donbass Putin ha aumentato la presenza di uomini e mezzi militari russi. Alcuni media internazionali parlano di truppe russe e bielorusse che potrebbero attaccare il Donbass da nord, dalla Bielorussia. Il dittatore russo, d’ora in poi userò questo termine, non può permettersi di perdere questa partita. La sua dottrina politica, che consiste nel passare dalla deterrenza alla forza, ha fallito l’obiettivo nella prima fase dell’operazione militare. Per Putin sfoggiare la forza è stato un mezzo di deterrenza fino a un certo punto. Dallo scorso autunno Ucraina e Stati Uniti segnalavano la presenza di migliaia di militari russi vicini ai confini ucraini. Successivamente, deve avere valutato che mostrare i muscoli a scopo di deterrenza non bastava è che la forza andava usata. Si è visto com’è finita. Ora si gioca tutto nel Donbass. Per questo impiegherà molte più armi e soldati.