Come la Brexit cambia i rapporti internazionali

Quali sono gli effetti di un’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea nei rapporti internazionali? Cosa pensano gli alleati di Londra di una possibile Brexit?

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Cosa pensano gli alleati della Gran Bretagna dell’eventuale Brexit?

Il premier britannico David Cameron lascia la porta socchiusa per l’Europa. Nella lettera inviata al presidente della Commissione Europea e a quello del Consiglio Europeo scrive che non è “impossibile” trovare un accordo con l’Ue sulle riforme.

Chiude la porta invece sull’euro dichiarando che Londra non è interessata a entrare in alcun “club della moneta unica”.

E’ la strada di Cameron per evitare l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue. Il pacchetto di riforme comunitarie del premier britannico prevede restrizioni al welfare per gli immigrati in Europa. Ci sono anche misure per garantire più competitività nel mercato unico.

Brexit però non è solo materia per economisti. L’uscita dei britannici dall’Ue può avere conseguenze geopolitiche importanti.

L’Unione Europea ha avuto, insieme agli Usa, un ruolo significativo nella politica estera e di sicurezza del mondo atlantico. L’Ue è stata un pilastro fondamentale insieme alla Nato. Nell’ultimo anno, per esempio, sono stati i Paesi Ue a dare man forte all’America nell’imposizione delle sanzioni alla Russia dopo l’annessione della Crimea, o a dettare la linea con la crisi dei migranti in fuga dalla Mesopotamia.

Gli euroscettici britannici al tempo di Cameron vagheggiano l’idea di una “anglosfera” targata Londra che includa Paesi come gli Usa, Canada, Australia, Nuova Zelanda e altre realtà del Commonwealth. Gli antieuropeisti britannici sognano un salto indietro nel tempo, un ritorno alla old British zone, come se l’Unione Europa e l’euro non esistessero.

I tempi però sono cambiati. Molti Paesi dell’anglosfera ambita dagli euroscettici inglesi desiderano che Londra resti nell’Unione Europea. I leader di Usa, Australia, Nuova Zelanda e Canada lo hanno detto esplicitamente. Soprattutto Barack Obama. Secondo il settimanale inglese Economist, una spiegazione potrebbe essere nei benefici del libero commercio nell’area europea che derivano dalla membership britannica.

Il solo leader politico che si compiacerebbe della Brexit sarebbe invece Vladimir Putin.

Anche i membri dell’Unione Europea sono favorevoli alla permanenza di Londra nella casa comune d’Europa.

L’Olanda, tra i maggiori sostenitori dell’ingresso britannico nella Cee, e i Paesi Scandinavi hanno manifestato le loro preoccupazioni nel caso di abbandono di Londra.

I Paesi dell’Europa dell’est mostrano indifferenza avendo perso entusiasmo verso Londra, che era stato il maggiore alleato nel momento della loro adesione all’Ue.

La Germania invece, così come la Francia, sostengono la necessità della presenza inglese nell’Ue perché, hanno spiegato in più occasioni, la Gran Bretagna è stata un pilastro importante nel percorso del progetto europeo.

Brexit invece sarebbe un disastro per l’Irlanda. Il processo di pace in Irlanda del Nord, ancora fragile, può avere un seguito solo se Londra, e Belfast, restano nell’Ue. Nel caso di Brexit vorrebbe dire per l’Irlanda ristabilire le vecchie frontiere con l’Irlanda del Nord, i controlli di confine e le barriere commerciali, ma soprattutto riaccendere storiche tensioni.

Gli effetti internazionali di Brexit li ha ben sintetizzati il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Junker nel suo discorso sullo stato dell’Unione Europea a settembre.

L’Europa non è in buona forma fisica, ha detto Junker. I flussi di rifugiati hanno risvegliato antichi nazionalismi anche in Paesi sempre eurofili. La lunga crisi dell’euro ha fiaccato la fiducia nell’intero progetto europeo non solo in Grecia ma nel vecchio continente. Le elezioni europee del 2014 hanno mostrato, ha concluso Junker, un alto astensionismo e un’avanzata dei partiti antieuropeisti in molti Paesi.

E la Brexit, in questo clima, darebbe una forte spinta al declino dell’Ue.

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