La pressione di Trump sulla Fed

A luglio la Banca Centrale Usa ha abbassato per prima volta i tassi dal 2008. Trump fa pressione sulla Fed per un altro punto percentuale in meno.

Ogni giorno il presidente Donald Trump tiene alta la pressione sulla Fed, la Banca Centrale degli Stati Uniti. Di recente, il capo della Casa Bianca è tornato sull’argomento dei tassi di interesse. E ha richiesto alla Banca Centrale di abbassare i tassi. Ora qualcuno dovrebbe ricordare a Trump che la Federal Reserve è un’istituzione finanziaria indipendente. E che la sua indipendenza è garantita dal Congresso degli Stati Uniti. La Fed non ha bisogno delle pressioni del presidente americano. Gli esperti del suo board sanno benissimo quando è il momento di intervenire. E lo fanno non certo quando glielo chiede Trump. Come è stato lo scorso 31 luglio. Per la prima volta dal 2008, la Banca Centrale americana ha ridotto di un quarto di punto i tassi al fine di ridare più ossigeno all’economia. La scelta è dipesa, come hanno spiegato i sherpa di Washington, per il clima di incertezza causato dalla guerra commerciale tra Cina e Usa. Trump può quindi gioire in quanto è riuscito a farsi ascoltare dalla Fed scatenando la guerra dei dazi. Attualmente i tassi d’interesse Usa oscillano tra il 2% e il 2,5%. Lo scorso 9 agosto, il presidente ha reclamato alla Fed di ridurre un punto percentuale in meno. Per la Casa Bianca l’ulteriore riduzione dei tassi è necessaria per rendere più competitive le merci americane sui mercati. Una risposta alla Cina che dovrebbe a breve deprezzare lo Yuan come misura di difesa dai dazi di Trump. Che invece annuncia di non avere alcuna intenzione di svalutare il dollaro.

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