Addio a Sophia. I ministri degli esteri europei hanno approvato l’avvio di una nuova missione di controllo nel Mediterraneo orientale. I dubbi di Mosca: “L’Ue non si sostituisca all’Onu”.
Il giorno prima (17 febbraio n.d.r.) i ministri degli esteri dell’Unione Europea trovano l’accordo per avviare una nuova missione di controllo nel Mediterraneo orientale sul commercio di armi in Libia. Il giorno dopo (18 febbraio n.d.r.) Mosca avverte: “L’Ue non si sostituisca all’Onu”. Ci è voluto quindi poco più di mezza giornata per smorzare i toni entusiasti dei governi europei per l’accordo del dopo Sophia, in scadenza il 20 marzo.
Cosa prevede l’accordo Ue sul controllo delle armi in Libia
I ministri degli esteri dell’Unione Europea riuniti a Bruxelles per il Consiglio Europeo hanno deciso che sarà una missione navale militare a far rispettare l’embargo sul commercio delle armi in Libia. Il divieto è in vigore dal 2011 ma viene ripetutamente violato. La nuova missione sostituisce Sophia, nata nel 2015 con il compito di contrastare il traffico di esseri umani nel Mediterraneo. L’intesa sposta a est il baricentro delle attività di pattugliamento con l’evidente intento di presidiare maggiormente la Libia orientale, roccaforte del generale Khalifa Haftar.
Cos’era la missione Sophia
Costituita nel 2015, la missione si chiama originariamente Eunavfor Med. Viene ribattezzata Sophia dal nome di una bambina nata a bordo di una delle navi che compongono la missione. Dalla sua nascita, Sophia porta in salvo circa 49.000 persone. Il suo obiettivo principale è però quello di arrestare il traffico di esseri umani lungo la costa libica e bloccare le spedizioni di migranti che attraversano il Mediterraneo. Con la proroga della missione del 2016, si aggiunge tra i suoi obiettivi quello di addestrare la guardia costiera libica e fermare il traffico di armi. Una seconda proroga nel 2017 aggiunge l’incarico delle attività di sorveglianza sul traffico di petrolio, in collaborazione con le agenzie Frontex e Europol.
Di recente il magazine online Politico ha diffuso alcuni documenti interni delle istituzioni europee. Da questi emerge che la missione Sophia è stata tutt’altro che un successo. Il suo limite, lamentano alcuni funzionari, sta nel fatto che le navi della missione possono stare solo in acque internazionali e non possono entrare nelle acque costiere della Libia dove agiscono indisturbati i trafficanti di esseri umani. Secondo quanto pubblica il magazine americano, le navi della missione erano mal equipaggiate, a corto di denaro e di personale. Ci sono anche allusioni al fatto che si chiudesse un occhio alla collaborazione tra Guardia Costiera libica e trafficanti.
Cosa prevede la nuova missione per il controllo del Mediterraneo orientale
Per la nuova missione, ancora senza nome, tutto è pronto (o quasi). Si attende il prossimo Consiglio degli Esteri del 23 marzo per l’accordo definitivo. Secondo l’alto rappresentante Ue, Joseph Borrell, la missione potrebbe partire entro fine marzo. Il nodo da sciogliere è quello del cosiddetto “pull factor”. E’ la teoria secondo cui più navi europee ci sono nel Mediterraneo, più i migranti sono incentivati a partire. A essere influenzati dal pull factor sono stati principalmente due Stati: Ungheria e Austria. Guarda caso due Paesi senza sbocchi sul mare. Per superare lo stallo, i ministri degli esteri hanno deciso di inserire nell’accordo la clausola che prevede che in caso di pull-factor le navi saranno ritirate.
Le incognite della missione
Nuovi accordi, vecchi problemi. L’intesa tra i ministri degli esteri non dice niente su cosa fare nel caso si intercettassero barconi di migranti. Dove sbarcheranno? Nessuna risposta. Oltre a questo, c’è la questione di regolarizzare il caso in cui si intercettassero navi turche che trasportano armi in Libia. Che fare in questo caso? Nulla si dice su dove sarà il comando generale della missione. Infine, il pull-factor: chi decide se c’è o non c’è?
La risposta della Russia
Battendo tutti i Paesi europei, Mosca lancia l’avvertimento all’Ue: la missione Ue in Libia “non deve sostituirsi, o peggio ostacolare, la strategia del Consiglio di Sicurezza dell’Onu”, ha dichiarato il ministro degli Esteri Serghiei Lavrov, a Roma in un bilaterale Esteri-Difesa con l’Italia. Luigi Di Maio. Quest’ultimo, riconoscendo il “ruolo chiave” di Mosca per il dialogo tra le parti, ha chiarito da parte sua che gli europei non entreranno in guerra al fianco di una parte o dell’altra, ma vogliono far rispettare l’embargo delle armi.