L’ordine internazionale associato al presidente americano Wilson è giunto al capolinea. Cos’è il wilsonismo e perché è sopravvissuto fino a oggi.
L’ordine internazionale fondato sui principi del wilsonismo è finito. Il sistema ha attraversato una guerra mondiale, la guerra fredda e gli effetti della decolonizzazione, diverse guerre regionali. Il wilsonismo ha dato un’ideologia all’ordine internazionale: porta il nome di liberalismo. Woodrow Wilson è il presidente americano che accompagna gli Stati Uniti dentro la prima guerra mondiale. E’ anche il presidente che li fa uscire come potenza mondiale. I suoi celebri “14 punti” alla base delle relazioni internazionali post-belliche sono un manifesto del liberalismo moderno. I 14 punti toccano ancora oggi temi di grande attualità. C’è il libero commercio e la rimozione delle barriere commerciali, argomento più che mai attuale nel dibattito sulla globalizzazione. C’è il multilateralismo come strumento e strategia per risolvere le controversie internazionali, lanciando l’idea di una Società delle Nazioni che anticipa le Nazioni Unite. C’è il rispetto dei diritti umani e la necessità di una loro protezione a livello di diritto internazionale. C’è la concezione di un sistema uniforme composto in prevalenza da Paesi con istituzioni democratiche.
Henry Kissinger scrive nella sua Diplomacy che un sistema internazionale funziona e sopravvive se è accettato da tutti i suoi attori. Per essere accettato, ricorda sempre Kissinger, occorre che ci sia una condivisione dei valori e dei principi di quel sistema. Se uno Stato non si riconosce più in quell’insieme di regole, allora sfida il sistema con tutte le conseguenze che ne possono derivare. Ora un ordine internazionale composto da democrazie è più propenso a rispettare i doveri e i diritti del sistema a cui appartiene. Le democrazie non si sono storicamente mai fatte guerre. Gli altri regimi, incluso quelli comunisti, hanno combattuto tra loro. La guerra dell’Ussuri tra Urss e Cina nel 1969 ne è una prova. Le monarchie costituzionali e gli imperi che danno vita al nuovo equilibrio internazionale dopo il Congresso di Vienna del 1815 dimostrano come modelli istituzionali diversi prima o poi sfidano il sistema.
Nell’Europa post-Vienna predomina il sistema dei Congressi. I trattati più importanti (Santa Alleanza, Quadruplice Alleanza) prevedono “consultazioni” tra le potenze prima di rispondere a crisi o insurrezioni. In quella di Bismarck prevale il sistema delle alleanze e del cosiddetto equilibrio di potenza. Nel mondo che esce dalla prima guerra mondiale si “sperimenta” il multilateralismo con la nascita di un’istituzione internazionale: la Società delle Nazioni, embrione delle future Nazioni Unite. L’esperienza dura poco e viene travolta dall’attacco dei regimi fascisti e nazisti. Italia e Germania sono in quegli anni due esempi di Paesi che non condividono le regole e i valori del sistema internazionale. E così lo sfidano. Nel secondo dopoguerra l’ordine internazionale è garantito dall’equilibrio bilaterale tra i due blocchi.
Il wilsonismo con i suoi principi è riuscito a sopravvivere nell’ordine internazionale dal 1919. Ha attraversato difficoltà enormi al tempo dei regimi fascisti e nazisti, della seconda guerra mondiale e della guerra fredda. Però è sopravvissuto. Dopo la caduta del muro di Berlino e lo scioglimento del blocco sovietico e del socialismo reale, sembra che il wilsonismo ce l’abbia fatta. Nel 1990 sono in tanti a ritenere che il sistema internazionale sarebbe stato più stabile. Il crollo del mondo comunista porterà, si diceva, più uniformità nel campo internazionale e maggiore condivisione e accettazione delle sue regole e dei suoi valori liberali. L’illusione è breve perché la storia ben presto mostra nuove trasformazioni e nuove sfide. L’ascesa del mondo islamico e del terrorismo jihadista; l’esuberanza politica e economica cinese; nuove tensioni e guerre regionali.
In un lungo e interessante articolo su Foreign Affairs, il politologo Walter Russel Mead spiega la fine dell’era del wilsonismo e dell’ordine internazionale ad esso ispirato. A mandare in crisi tutto il sistema- rileva l’autore- è la non condivisione dei valori e principi dell’era wilsoniana da parte di numerosi Stati. Eppure la caduta del Muro di Berlino aveva fatto sperare in una nuova alba delle relazioni internazionali. Come abbiamo visto l’illusione svanì in poco tempo. Russia, Cina, Corea del Nord, Iran, Venezuela sono solo alcuni degli esempi di rifiuto delle regole del sistema internazionale che si è protratto e auto mantenuto fino ai giorni nostri.
Questa sfida al sistema wilsoniano mostra che lo sforzo di generazioni di diplomatici e politici è oggi fallito. Il prossimo scenario della storia mondiale non si modellerà più sui valori wilsoniani. Certo le nazioni continueranno a cercare un ordine internazionale soddisfacente. Tuttavia, il sogno di un ordine universale fondato sul diritto che assicuri la pace tra gli Stati e le democrazie al loro interno sarà sempre meno, scrive Russell Mead, tra gli obiettivi dei leader mondiali.
Il wilsonismo è dunque una versione tra le tante di un ordine internazionale fondato su regole. Wilson fu quello che oggi si definirebbe un influencer. E lo fu davvero dal momento che è ritenuto tra gli uomini di stato e ideologo più importanti della storia moderna. Ma anche tra quelli meno riconosciuti. Circa un secolo dopo il voto contrario del senato americano a aderire alla Lega delle Nazioni, il suo nome è stato rimosso dalla scuole di relazioni internazionali dell’Università di Princeton dove Wilson aveva insegnato. Un brutto presagio. Perché anche l’ordine internazionale che esiste da oltre un secolo non sarà più associato al presidente americano.