Perché Trump insiste sulla Groenlandia

Il presidente degli Stati Uniti torna a rivendicare le sue ambizioni sull’isola danese. Perché Trump insiste sulla Groenlandia.

Donald Trump insiste sulla Groenlandia. Il presidente Usa è tornato a rivendicare le ambizioni americane sull’isola che attualmente è sotto la sovranità della Danimarca. Gli Stati Uniti hanno bisogno dell’isola per motivi di sicurezza nazionale, ha detto Trump, che ha aggiunto “ne abbiamo bisogno e dobbiamo averla”. La dichiarazione arriva alla vigilia della visita del 28 marzo del vicepresidente James David Vance alla base spaziale Pituffik (gestita dagli Usa), in Groenlandia. La premier danese e il primo ministro della Groenlandia, Mute Egede, avevano criticato la visita della delegazione statunitense considerandola un’interferenza straniera. C’è poi voluto l’intervento diplomatico del ministro degli esteri danese, Lars Lokke Rasmussen a calmare le acque. Rasmussen ha detto di avere gradito la scelta Usa di limitare la visita alla sola base aerospaziale americana.

La visita programmata del vice-presidente Usa in Groenlandia arriva dopo che il Partito Democratico, forza di opposizione di centro-destra, ha vinto a sorpresa le elezioni politiche. L’isola ha una condizione politica di semi-autonomia, pur essendo sotto la sovranità danese. La questione dell’indipendenza e le minacce di Trump hanno dominato tutta la campagna elettorale.

Secondo recenti sondaggi, quasi l’80% dei groenlandesi – scrive la BBC- sostiene l’indipendenza dalla Danimarca. Un sondaggio d’opinione condotto lo scorso gennaio ha rilevato, sempre BBC; che l’85% dei groenlandesi ha respinto l’idea di entrare a far parte degli Stati Uniti, contro il 6% che la voleva. Il resto era indeciso.

Una frase ripetuta più volte è la seguente: “La Groenlandia appartiene ai groenlandesi. Quindi, Trump può visitarla, ma questo è tutto”.


Perché Trump insiste sulla Groenlandia?

Gli Stati Uniti hanno da tempo mantenuto un interesse per la sicurezza in Groenlandia. Dopo che la Germania nazista occupò la Danimarca continentale durante la seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti invasero la Groenlandia, stabilendo stazioni militari e radiofoniche in tutto il territorio. Dopo la guerra, le forze statunitensi rimasero in Groenlandia. La base spaziale Pituffik, precedentemente nota come base aerea Thule, è gestita dagli Stati Uniti da allora.

Nel 1951, un accordo di difesa con la Danimarca garantì agli Stati Uniti un ruolo significativo nella difesa del territorio, incluso il diritto di costruire e mantenere basi militari.

“Se la Russia dovesse inviare missili verso gli Stati Uniti, la via più breve per le armi nucleari sarebbe attraverso il Polo Nord e la Groenlandia”, ha affermato Marc Jacobsen, professore associato presso il Royal Danish Defence College. “Ecco perché la base spaziale Pituffik è immensamente importante per difendere gli Stati Uniti”.

Cina e Russia hanno iniziato a rafforzare le loro capacità militari nell’Artico negli ultimi anni, secondo un documento dell’Arctic Institute. Il documento chiedeva agli Stati Uniti di sviluppare ulteriormente la propria presenza nell’Artico per contrastare i propri rivali.

Lo scorso gennaio, il ministro degli Esteri danese Lars Lokke Rasmussen ha dichiarato che la Danimarca era aperta a colloqui con gli Stati Uniti, aggiungendo che Washington aveva interessi “legittimi” nella regione. “Vediamo una Russia che si sta armando. Vediamo una Cina che sta anche iniziando a interessarsi”, ha detto Rasmussen.

È probabile che Trump sia anche interessato al potenziale minerario della vasta massa continentale della Groenlandia, ha aggiunto Jacobsen, in particolare ai minerali di terre rare nel sud.

La Groenlandia, circa 56000 abitanti per lo più indigeni Inuit, si trova nella regione artica. Con una superficie coperta di ghiaccio all’80%, la maggior parte delle persone vive nella costa sud-occidentale attorno alla capitale Nuuk. L’isola ospita basi militari danesi e americane. La sua economia si basa principalmente sulla pesca ma anche sulle sovvenzioni economiche che arrivano dal governo danese che investe circa un quinto del suo Pil in Groenlandia. Negli ultimi anni l’interesse verso le risorse naturali groenlandesi è aumentato. Soprattutto verso le miniere di minerali rari, di uranio e ferro.

Situata geograficamente nel Nord America, la Groenlandia è controllata dalla Danimarca, a 3.000 km di distanza, da circa 300 anni. L’isola è stata governata come una colonia fino alla metà del XX secolo. Per gran parte di questo periodo, è rimasta isolata e povera.

Nel 1953, è stata resa parte del Regno di Danimarca e i groenlandesi sono diventati cittadini danesi.

Nel 1979, un referendum sull’autonomia ha dato alla Groenlandia il controllo della maggior parte delle politiche all’interno del territorio, con la Danimarca che ha mantenuto il controllo sugli affari esteri e sulla difesa.

Sebbene la retorica del presidente degli ultimi mesi possa sembrare insolita, una serie di presidenti degli Stati Uniti ha cercato di ottenere il controllo della Groenlandia per più di un secolo.

“Gli Stati Uniti hanno provato più volte a cacciare i danesi dalla Groenlandia e a prenderne il controllo come parte degli Stati Uniti, o almeno ad avere la piena tutela della sicurezza della Groenlandia”, ha affermato Lukas Wahden, autore di 66° North, una newsletter sulla sicurezza artica.

Nel 1867, dopo aver acquistato l’Alaska dalla Russia, il Segretario di Stato americano William H Seward guidò le negoziazioni per acquistare la Groenlandia dalla Danimarca, ma non riuscì a raggiungere alcun accordo.

Nel 1946, gli Stati Uniti si offrirono di pagare 100 milioni di dollari (equivalenti a 1,2 miliardi di dollari; 970 milioni di sterline oggi) per il territorio, ritenendo che fosse vitale per la sicurezza nazionale, ma il governo danese rifiutò. Anche Trump tentò di acquistare la Groenlandia durante il suo primo mandato presidenziale.

Sia la Danimarca che il governo della Groenlandia hanno respinto la proposta del 2019, affermando: “La Groenlandia non è in vendita”.

La nuova querelle Trump-Groenlandia ha avuto inizio pochi giorni prima dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca. Lo scorso 9 gennaio, la Danimarca ha risposto al presidente eletto Donald Trump sulla Groenlandia. Il ministro degli affari esteri danese Lars Lokke Rasmussen ha spiegato che la Groenlandia può anche ottenere l’indipendenza se i residenti lo vogliono. Ma è molto difficile che diventi uno stato degli Stati Uniti. 

Il giorno prima Trump aveva minacciato, come ho spiegato qui, di alzare i dazi alla Groenlandia al fine di convincere il governo della Danimarca a cedere il controllo della grande regione dell’Artico. La Groenlandia ha una valenza di sicurezza per gli Stati Uniti e Trump ritiene strategico avere il controllo su questa vasta zona. Da qui l’idea dei dazi per costringere il governo danese a cedere il controllo della Groenlandia. Il presidente eletto per di più ha fatto intendere che potrebbe anche usare la forza.

Il leader della Groenlandia si è incontrato con il re di Danimarca a Copenaghen per un confronto sulle parole del presidente eletto americano. La Groenlandia, 57000 abitanti, è la più grande isola al mondo ed ha ricchezze minerali oltre a un’importanza strategica. Soprattutto per gli Stati Uniti l’isola artica ha rilevanza per l’esercito e come base per i sistemi di missili balistici.

La Groenlandia appartiene alla Danimarca ed è quindi dentro la Nato. L’isola è parte della Danimarca dal 1814. Fino ad allora fu una delle colonie della corona norvegese. L’isola ha mantenuto però una forte autonomia sugli affari interni. La sua appartenenza all’Alleanza Atlantica complica ulteriormente le cose per Trump.

Rispondi