La crisi sui migranti segnerà la fine dell’Ue?

L’Unione Europea in affanno sulla governance delle migrazioni. Il Consiglio Europeo non ha trovato soluzioni, Francia e Italia sono ai ferri corti, Germania vicina a crisi di governo.


L’Unione Europea sopravviverà alle spallate che arrivano da tutte le parti per l’incapacità di governare il fenomeno migratorio? I Paesi membri del club europeo che fu il sogno di Jean Monnet, Alcide De Gasperi e Altiero Spinelli sono col fiato grosso sulla crisi migratoria. Per ora proposte e soluzioni valide all’orizzonte non se ne vedono. L’Ue appare sempre più un recinto di Stati litigiosi, un saloon con scazzottate dal quale qualcuno prima o poi viene lanciato fuori. O se ne va per conto suo, stanco di prendere sberle.
La metafora western si veste bene per il Consiglio Europeo di Bruxelles del 29 e 30 giugno scorso. In Belgio, i leader dei Paesi soci del club comunitario non sono riusciti a trovare la sintesi necessaria a soddisfare sul piano politico i governi nazionali. Il tema di fondo è quello di individuare proposte e soluzioni che possano portare “dividendi politici” a ciascuno Stato membro. Senza un ritorno politico per i propri elettori e il proprio consenso, nessun leader europeo si spenderà mai sulla crisi migratoria.
La sintesi politica deve naturalmente rispettare i principi fondamentali dell’Unione Europea. Quindi, non solo proporre soluzioni che affrontino il tema degli sbarchi, dell’accoglienza e della migrazione. Il principio che c’è in gioco è soprattutto quello di salvaguardare la protezione internazionale degli individui e allo stesso tempo contrastare gli ingressi irregolari. Ogni proposta dovrebbe passare da qui. Sempre che l’Ue non abbia modificato geneticamente il suo Dna e cambiato rotta sul suo storico rispetto per i diritti umani. Una cosa che significherebbe che in Europa prevalgono ormai le posizioni di leader come Viktor Orban o Matteo Salvini.
Sul tavolo di Bruxelles c’erano essenzialmente tre temi riguardo all’immigrazione. Il primo era quello del potenziamento di Frontex, in sostanza il coordinamento tra le polizie di frontiera. Il secondo riguardava la modifica della convenzione di Dublino e della concessione di asilo da parte del paese di primo sbarco. Il terzo tema era la proposta dei centri di smistamento.
Su nessuno dei tre si è raggiunto un accordo serio. In merito alla revisione della convenzione di Dublino e del Paesi di primo sbarco sembrava che si fosse trovato un compromesso. A ribaltare tutto ci ha pensato poche ore dopo il presidente francese Emmanuel Macron. Il capo dell’Eliseo ha dichiarato che non era tra le opzioni la revisione dell’accordo di Dublino. Una uscita che ha fatto irritare l’Italia di Giuseppe Conte. Il premier italiano ha risposto polemicamente al presidente francese, riacutizzando lo scontro verbale cominciato alcune settimane fa.
Il “ribaltone” di Parigi ha lasciato un vuoto sulla questione. Al momento non si sa quale sia la posizione Ue. Ma a inasprire la crisi ci si è messa anche la Germania. La cancelliera tedesca ha lavorato per ricucire i rapporti con l’Italia provando anche a fare da intermediario con la Francia. A Bruxelles ha sostenuto l’Italia sulla revisione di Dublino e sulla necessità di rivedere la procedura legata al Paese di primo sbarco. Tuttavia, la cancelliera ha riconosciuto che con Roma è molto difficile trovare un accordo perché gli italiani si sentono piantati in asso dal resto dell’Ue.
Il lavoro diplomatico della Merkel condotto a Bruxelles non è piaciuto al Ministro degli Interni tedesco Horst Seehofer, che l’ha attaccata frontalmente. Il risultato portato a casa dalla Merkel, questa l’accusa, non equivale alla possibilità di fare respingimenti al confine per rimandare indietro i migranti. In sostanza, la cancelleira non ha rispettato il mandato ricevuto come rappresentante tedesca al Consiglio Europeo di Bruxelles. La situazione non è da sottovalutare. Anzi è moltos eria come ha detto la Merkel. A Berlino si rischia una crisi di governo.
Quello che emerge sulla questione della governance sui migranti è che i Paesi Ue sono sull’orlo di una crisi di nervi. A questo punto la domanda è: sopravviverà l’Ue o si spaccherà definitivamente sulla crisi migratoria? Il Consiglio Europea di Bruxelles ha dato ancora una volta prova di non riuscire a decidere niente.
Sull’immigrazione la questione però è molto seria. Perché dietro all’incapacità di trovare soluzioni c’è anche la partita interna all’Ue delle forze cosiddette populiste. Molte di queste governano in diversi Stati europei, Ungheria e Italia per citarne alcuni. E questi movimenti non hanno mai nascosto il loro antieuropeismo. Non par loro vero di vedere il club comunitario sprofondare pian piano sotto i colpi dell’immigrazione. Migranti e antieuropeismo sono le due armi di cui possono avvantaggiarsi i leader populisti per dare il colpo di grazia all’Unione già morente.

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