Onu sotto attacco nella Repubblica Democratica del Congo. Nel Paese africano è in corso da anni un conflitto peggiore di quello in Medio Oriente.
Sono 14 i caschi blu dell’Onu uccisi in un attacco nella Repubblica Democratica del Congo. A comunicare la morte dei peace-keeper è il comando dei caschi blu delle Nazioni Unite. L’attacco è avvenuto nella provincia del North Kivu, zona orientale del Paese africano.
Gli autori dell’attacco non sono stati individuati. La missione Onu di peace-keeping in Congo è la più grande del mondo e ha il compito di mettere fine agli scontri violenti tra le fazioni avversarie.
La Repubblica Democratica del Congo vive da anni una situazione di instabilità continua. Un conflitto tra diverse fazioni che si contendono il controllo del territorio ha provocato la fuga di un milione e settecentomila persone dalle loro abitazioni e dai loro villaggi.
Il direttore del Consiglio dei Rifugiati della Repubblica del Congo, Urika Blom, ha definito una “mega crisi” quella in corso nel Paese, aggiungendo che i livelli di violenza da cui fuggono le persone sono ben più alti di quelli in Siria, Iraq e Yemen.
Un report del Centro di Monitoraggio sugli sfollati ha mostrato che nel 2017 sono scappati dalle loro case e dai loro villaggi circa 5.500 persone al giorno.
Il rinvio delle elezioni dello scorso anno ha aumentato lo scontro tra i gruppi rivali. Il Congo è un Paese ricco di risorse naturali, vero fattore che alimenta gli scontri. Nel 2001 Joseph Kabila ha preso il potere dopo l’assassinio del padre, il presidente Laurent Kabila.
Joseph Kabila ha vinto le elezioni per due volte consecutive e ora non si può più ricandidare secondo la costituzione congolese. Sono però in molti a dubitare che la decisione di rinviare le elezioni sia un pretesto per far continuare a governare l’attuale presidente.