L’aggressività di Pechino ha forzato il governo di Manila a ritornare nel campo americano. La Cina ha allontanato le Filippine che ora sono sempre più vicine agli Stati Uniti.
In cinque anni il governo delle Filippine ha abbandonato la Cina e bussa di nuovo alla porta dell’orbita strategica degli Stati Uniti.
Fin dalla sua elezione nel 2016 il presidente filippino Rodrigo Duterte ha ripetuto che l’orbita strategica delle Filippine sarebbe stata la Cina e non gli Stati Uniti. Nel 2016, il Presidente è andato in Cina. Da Pechino ha annunciato (leggi l’articolo qui) che era arrivato il tempo per dire addio a Washington. Duterte ha anche aderito alla nuova Via della Seta cinese (Belt and Road Initiative) e ha definito la Cina “un buon amico”.
Nel corso degli anni successivi il presidente filippino ha progressivamente voltato la faccia ai cinesi. Ripete di continuo che la Cina non è un buon amico e che le Filippine hanno bisogno di un alleato solido per la loro sicurezza come gli Stati Uniti.
Questo nonostante la lite con Washington che ha avuto il suo culmine quando Duterte decise a febbraio 2020 di uscire dal VFA, l’accordo che consente la presenza militare Usa sul territorio filippino. Il testo prevede che l’uscita dall’accordo diventa concreta dopo 180 giorni dalla denuncia. Questa disposizione ha permesso a Duterte di prendere tempo. Perché in due occasioni, a giugno e novembre 2020, ha esteso temporaneamente la durata del trattato.
Intanto, la contesa con la Cina nel Mar Cinese Meridionale è cresciuta. Al centro della disputa ci sono le isole all’interno della zona economica esclusiva filippina. La Cina rivendica le scogliere di Whitsun Reef, situate all’interno della zona di sovranità economica delle Filippine. La barriera corallina di Whitsun Reef è ambita anche da Taiwan, Vietnam, Brunei e Malesia.
Uno degli ultimi episodi di crisi risale a marzo 2021. Il governo di Manila ha accusato la Cina per 220 imbarcazioni entrate nella propria Zona Economica Esclusiva. Le Filippine hanno considerato l’atto cinese come una provocazione intimidatoria. Pechino sta mettendo in atto da anni una politica aggressiva volta a imporre la sua sovranità su tutto il Mar Cinese Meridionale.
Il braccio di ferro tra Cina e Filippine continua da almeno un anno. E di recente il ministro degli esteri filippino Teodoro Locsin ha usato parole pesanti su Twitter nei confronti dei cinesi. Ha scritto un avvertimento in cui consigliava alla Cina di togliersi dalle scatole (per usare un sinonimo più elegante). La tensione tra Manila e Pechino è quindi alle stelle.
Da qui si comprende lo spostamento di campo di Duterte. La Cina ha spinto le Filippine verso l’orbita strategica degli Stati Uniti. E Washington probabilmente accoglierà il ritorno del figliol prodigo filippino. Ne ha bisogno per rafforzare la rete filo-statunitense nel Mar Cinese Meridionale.