Kashmir: scontri con militari indiani

Continuano gli scontri a fuoco nella regione del Kashmir, a maggioranza musulmana, ma contesa da India e Pakistan. Un militare indiano e tre ribelli uccisi. Arriva il Ministro degli Interni dell’India.

Almeno tre presunti ribelli e un soldato indiano sono rimasti uccisi in scontri a fuoco nel Kashmir amministrato dall’India, a meno di una settimana dalla visita del Ministro degli Interni Amit Shah nel territorio conteso. L’esercito indiano ha dichiarato che i suoi soldati hanno ucciso tre combattenti in uno scontro a fuoco in una foresta remota a Kishtwar, nel Kashmir meridionale. Un soldato indiano è stato ucciso nel distretto di Sunderbani, lungo la Linea di Controllo (LoC), il confine di fatto che taglia in due il Kashmir amministrato dall’India.

Il Kashmir, a maggioranza musulmana, è diviso tra India e Pakistan, rivali dotati di armi nucleari, fin dalla loro indipendenza nel 1947, con entrambi che rivendicano l’intero territorio ma ne governano solo una parte.


Come capire la contesa tra India e Paksitan sul Kashmir


Si stima che l’India abbia schierato nel territorio circa 500.000 soldati dopo una rivolta armata contro il dominio indiano alla fine degli anni ’80. Migliaia di persone, la maggior parte civili del Kashmir, sono state uccise mentre gruppi ribelli combattevano contro le forze indiane, chiedendo l’indipendenza del Kashmir o la sua fusione con il Pakistan.

Nel 2019, un rapporto dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha accusato l’India di violazioni dei diritti umani in Kashmir e ha chiesto l’istituzione di una commissione d’inchiesta sulle accuse. Il rapporto è stato pubblicato quasi un anno dopo che l’allora capo delle Nazioni Unite per i diritti umani, Zeid Ra’ad Al Hussein, aveva chiesto un’indagine internazionale sugli abusi nella regione a maggioranza musulmana.

Il territorio vive una tensione continua dal 2019, quando il Primo Ministro Narendra Modi ha posto fine alla semi-autonomia della regione e ha drasticamente limitato il dissenso, le libertà civili e la libertà dei media, intensificando al contempo le operazioni militari.

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