Je suis Baga

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Potrebbe apparire provocatorio nei drammatici giorni parigini prendere a prestito le tre parole icona per ricordare la devastante caccia all’uomo subita dagli abitanti di Baga, nord est della Nigeria a due passi dal lago Ciad. La città, secondo i racconti descrittimi sui social network e i resoconti d’agenzia, non esiste più, le abitazioni incendiate. I rastrellamenti avvengono casa per casa, i morti sono a centinaia. La firma dell’eccidio è di Boko Haram, gruppo islamico che predica l’applicazione integrale della legge islamica ed è operativo nella regione del nord est del Paese. Le forze governative nigeriane stanno tentando di riprendere il controllo della città, ma la forza multinazionale nata per combattere i miliziani islamici ha mollato la presa. Il Ciad è stato il primo, seguito poi dal Niger che ha comunicato di ritirare le sue truppe dalla battaglia per Baga. Un segnale positivo è comunque arrivato dal ministro degli esteri del Niger che ha confermato la volontà di collaborare con i Paesi confinanti (Ciad, Nigeria e Camerun) per sconfiggere Boko Haram. Neppure prende il volo il piano francese di creare una task force composta dai quattro Paesi (Niger, Nigeria, Camerun e Ciad) con 700 militari messi a disposizione da ciascuno. Ad oggi nessuno stato ha dato segnali di mettere in moto i propri uomini a sostegno del progetto. Intanto, a Baga si muore sotto i colpi dell’integralismo islamico, duemila vittime nell’ultima settimana, o si fugge. Alcuni civili fuggiti dalla città hanno raccontato di non essere riusciti a seppellire tutti i morti. E molti corpi sono abbandonati nelle strade. Mi scrive su twitter un amico reporter americano: “La strage di Baga in Nigeria con oltre duemila morti è la più grave al mondo per numero di morti dopo le Torri Gemelle.

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