Il 34° viaggio apostolico del Papa è in Ungheria e Slovacchia. Francesco cita Dostoevskij e richiama i rischi di schiavitù dell’uomo e dell’antisemitismo.
Papa Francesco fa in Ungheria e Slovacchia il suo 34° viaggio apostolico. Una giornata a Budapest e tre giorni in 4 diverse città slovacche.
Papa Francesco in Ungheria
Nella capitale magiara ha incontrato privatamente per circa 40 minuti il premier ungherese Viktor Orban e il presidente Janos Ader. Era presente all’incontro anche il segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin.
Francesco ha parlato ai rappresentanti del Consiglio Ecumenico delle Chiese e di alcune Comunità Ebraiche dell’Ungheria nella Sala dei Marmi del Museo delle Belle Arti di Budapest. Poi ha celebrato la Santa Messa in Piazza degli Eroi. Nell’omelia ha ricordato che che la religiosità non può essere solo di facciata. Papa Francesco ha spiegato che bisogna scegliere il vero Dio e non quello che noi crediamo sia aderente al nostro ‘io’ che ci porta a pensarlo come colui che ascolta le nostre istanze.
Nel suo incontro con il Consiglio Ecumenico, Bergoglio ha parlato dei rischi dell’antisemitismo, una miccia che va spenta in Europa e altrove. L’unico modo per spegnerla è lavorare insieme e promuovere il senso di fraternità. Francesco ha anche chiesto ai presenti di lavorare per costruire la pace. E ha fatto appello alla necessità di rimanere uniti nella diversità. “Vorrei riprendere con voi l’evocativa immagine del Ponte delle Catene, che collega le due parti di questa città: non le fonde insieme, ma le tiene unite. Così devono essere i legami tra di noi. Ogni volta che c’è stata la tentazione di assorbire l’altro non si è costruito, ma si è distrutto; così pure quando si è voluto ghettizzarlo, anziché integrarlo”.
Papa Francesco in Slovacchia
Primo appuntamento pubblico a Bratislava per Papa Francesco che ha incontrato i membri del Consiglio che conta undici Chiese, in rappresentanza di quasi tutte le Chiese non cattoliche del Paese (luterani, ortodossi, metodisti, hussiti, battisti, riformati). L’incontro si è svolto nel grande salone della Nunziatura apostolica. Lo ha aperto il saluto del metropolita ortodosso Ratislav, presidente del Consiglio Ecumenico delle Chiese, che esorta tutti i cristiani a “benedirci l’uno con l’altro e guardarci con benevolenza”: “Oggi non possiamo più rallegrarci di seguire le crisi e i conflitti delle Chiese… Questo ci tira tutti giù. Gioiamo della crescita e del progresso degli altri. Dalla benedizione spirituale di una Chiesa, possono trarne beneficio anche altri di altre Chiese”.
Bergoglio ha ricordato che: “C’è la tentazione di ritornare schiavi, non certo di un regime, ma di una schiavitù ancora peggiore, quella interiore”. Il messaggio che il Papa lascia ai leader ecumenici della Slovacchia è accompagnato dalle parole di Dostoevskij nel celebre racconto Leggenda del Grande Inquisitore, in cui, immaginando una nuova prigionia di Gesù in un suo ipotetico ritorno sulla Terra, lancia l’accusa di aver dato troppa importanza alla libertà degli uomini. Nulla è mai stato più intollerabile della libertà per l’uomo.
Parole “sferzanti”, che Francesco cita testualmente. “Gli uomini – afferma, richiamando ancora l’amato scrittore russo – sono disposti a barattare volentieri la loro libertà con una schiavitù più comoda, quella di assoggettarsi a qualcuno che decida per loro, pur di avere pane e sicurezze”. “Aiutiamoci a non cadere nella trappola di accontentarci di pane e di poco altro”- a esortato Papa Francesco. È un rischio che sopraggiunge quando “la situazione si normalizza, ci siamo stabilizzati e ci adagiamo ambendo a mantenere il quieto vivere”. È lì che si inizia ad aspirare non più alla “libertà” di Cristo, bensì all’“ottenere spazi e privilegi”.
Il Papa ha anche fatto a Bratislava un passaggio sull’Europa. L’invito è ad ampliare lo sguardo e a non interessarsi solo di quello che può giovare alle singole comunità. “Come possiamo auspicare un’Europa che ritrovi le proprie radici cristiane se siamo noi per primi sradicati dalla piena comunione? Come possiamo sognare un’Europa libera da ideologie, se non abbiamo il coraggio di anteporre la libertà di Gesù alle necessità dei singoli gruppi dei credenti? È difficile esigere un’Europa più fecondata dal Vangelo senza preoccuparsi del fatto che non siamo ancora pienamente uniti tra noi nel continente e senza avere cura gli uni degli altri. Calcoli di convenienza, ragioni storiche e legami politici non possono essere ostacoli irremovibili sul nostro cammino”.