L’attacco violento e ostinato dei miliziani islamici di Boko Haram in Nigeria non è casuale. Il movimento integralista è operativo nella zona nord orientale del Paese ma sconfina spesso nel Niger, in Camerun, nel Ciad. Ancora oggi i miliziani hanno compiuto attacchi sanguinosi nello stato nigeriano di Adamawa, al confine con il Camerun. Secondo alcune testimonianze, riportate dalla Bbc, i terroristi sono arrivati al mattino nei villaggi, incendiandoli e distruggendoli, “sgozzando come agnelli” donne e bambini. Nei giorni scorsi i militanti islamici hanno raso al suolo la città strategica di Maiduguri lasciando sul campo decine di morti. Ora, l’esercito nigeriano sta svolgendo operazioni militari aeree sulla zona. La Nigeria è quindi sotto attacco. Ma non è l’unica, dato che tutta la fascia di paesi dell’Africa centrale che va dall’Atlantico all’Oceano Indiano è destabilizzata. Niger, Ciad e Camerun sono sotto tiro dei gruppi islamici operativi al confine con la Nigeria. La Repubblica Centrale Africana è stata teatro di violenti scontri etnici negli ultimi due anni, e ad oggi, la situazione non è stabile. Il Sud Sudan è in una condizione precaria di equilibrio dopo gli accordi che hanno portato allo smembramento del Sudan separando la parte meridionale da quella settentrionale governata dai sacerdoti di Khartoum. In Somalia sono operativi i miliziani di Al-Shabaab, che spesso sconfinano lungo il confine kenyano o etiope.
L’asse delle milizie islamiche sta probabilmente tentando di creare una cortina di ferro della Jihad in Africa centrale destabilizzando Paesi e inserendosi laddove il conflitto etnico tribale tiene in bilico la stabilità di un Paese (è il caso della Repubblica Centrafricana che potrebbe diventare il prossimo bersaglio). Se il progetto riesce, significherebbe che le milizie islamiche spezzano in due il continente, unendo i combattenti della zona equatoriale con quelli del nord Africa (Libia, Egitto) e con i Paesi potenziali amici (come il Sudan). A est, poi, c’è la Siria e l’Iraq dove regna il Califfo Al Baghdadi. Un’area dunque immensa, che in breve tempo potrebbe cadere nelle mani dei jihadisti. Resta da chiedersi di cosa hanno discusso a Londra le potenze della coalizione anti-Isis e, soprattutto, chi arma questi ribelli. Khalashnikov e bazooka non crescono certo nei deserti africani, tra le dune siriane e turche, nell’arida pianura somala o nelle giungle nigeriane.
[…] Focus: Il progetto jihadista dell’asse africano […]