Benjamin Netanyahu non può tirarsi indietro. L’attacco a Rafah ci sarà. L’unico modo per evitarlo è il rilascio degli ostaggi.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu è prigioniero di Rafah, la città al confine meridionale della Striscia di Gaza verso la quale l’esercito israeliano sta preparando una pesante offensiva militare. Dopo averla annunciata più volte, Netanyahu non può più tirarsi indietro dall’attacco alla città. Se lo facesse, il premier farebbe perdere credibilità alla serietà della politica dello Stato di Israele. Ciò convincerebbe gli arabi e i palestinesi di avere in mano i fili del gioco e dirigere la partita israelo-palestinese.
Netanyahu però è un politico navigato di lungo corso. Sa bene che l’unica via d’uscita è quella della liberazione degli ostaggi ancora nelle mani dei miliziani di Hamas. Così ha stabilito di mandare un ultimatum. Se non vengono liberati i 33 ostaggi ritenuti ancora in vita, l’esercito darà inizio all’attacco a Rafah.
L’offensiva ha un valore politico e militare enorme. Un’invasione da terra di grandi dimensioni non può avere come obiettivo un’occupazione temporanea. L’esercito israeliano va alla guerra a Rafah con l’idea di rimanere nel sud della Striscia. Sarebbe l’inizio di una vera e propria occupazione dalla quale Israele non ha alcuna intenzione di ritirarsi.
Inoltre, c’è il delicato equilibrio con l’Egitto. Finora la collaborazione tra i due Paesi è stata rispettosa e reciproca. Un attacco nel sud della Striscia di Gaza può essere visto come una minaccia dalla Egitto. Perché una massiccia presenza nel sud della Striscia può essere considerata minacciosa per l’Egitto e la penisola del Sinai. Il rischio è quello di destabilizzare le relazioni tra Il Cairo e Israele, ma anche tra Egitto e altre capitali arabe.
L’unica via d’uscita per Netanyahu è quella di legare l’attacco a Rafah alla liberazione degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas. Se i miliziani palestinesi decidono di liberare i cittadini israeliani rapiti dopo l’incursione del 7 ottobre scorso, allora Netanyahu ha la giustificazione di rinunciare all’attacco a Rafah. Il premier israeliano deve solo aspettare. Ha rilanciato la palla nella metà campo avversaria. Se Hamas non dà segni di risposta, allora Netanyahu non avrà altra scelta. Con il rischio serio di un’escalation.