Un rapporto racconta e mostra i crimini commessi durante la dittatura dal 1964 al 1985.
Si chiama Commissione per la Verità, è composta da un team di esperti, ed ha portato a termine in tre anni di lavoro un rapporto di 1300 pagine che descrive i peggiori crimini commessi dalla dittatura brasiliana in più di vent’anni. L’inchiesta parla di almeno 434 tra morti e i desaparecidos e stila un elenco di 377 responsabili dei crimini tra capi di stato, politici, medici e militari. Oggi 191 carnefici sono ancora in vita e sotto accusa per crimini contro l’umanità.
La Commissione pubblica i racconti dei sopravvissuti alle torture ma anche quelli degli assassini. Alcuni testimoni raccontano di essere stati legati nudi ai pali e colpiti con scariche elettriche fino a perdere i sensi. Tra i torturati anche la presidente, da poco rieletta, Dilma Rousseff che a vent’anni finì tra le mani dei boia della dittatura. Dilma è sempre stata poco incline a parlare in pubblico dei suoi ricordi oscuri. Fu torturata in un carcere di San Paolo e spiega che ricorda molto bene il pavimento incrostato di sangue. “I segni della tortura” – spiega la Presidente- “sono parte di me stessa, io sono quei segni”. Parole che celano un dolore profondo e sentimenti emotivi. Tutto il contrario del cinismo che avvolge i ricordi di qualche torturatore: “Quello era ormai morto”- spiega alla Commissione uno di loro – “stava soffrendo e quando morì pensai che fu un segno della misericordia”.
Gli esperti della Commissione per la Verità ritengono che i colpevoli di questi crimini debbano pagare per le efferatezze commesse. Ma un’amnistia del 1979 li ha messi al sicuro. E diversi esperti legali sostengono che sia poco probabile una loro condanna perché quell’amnistia si estendeva sia ai crimini comuni sia alla tortura. Così, quasi come una beffa del destino, la pena maggiore che rischiano i carnefici di allora è quella di essere inseriti nel rapporto della Commissione, tra l’altro insieme a quelle che furono le loro vittime.
Le parti più efferate si leggono nei racconti delle donne e della violenza sessuale subita dai torturatori. Segni indelebili lasciati alle sopravvissute che una volta libere hanno tentato più volte il suicidio. Come Karen Keilt, oggi emigrata negli Stati Uniti, che racconta la violenza sessuale subita in una cella dopo essere stata torturata con scariche elettriche. Per Karen, che una volta libera tentò di uccidersi, la cosa peggiore fu uscire dal labirinto psicologico nel quale l’avevano messa i suoi torturatori.
La Commissione ha individuato almeno undici posti nei quali si torturava indiscriminatamente. Uno di questi si chiamava la casa degli orrori ed era a Rio Grande del Sud. Benedito Beceril fu portato qui nel 1973: “Fui denudato e costretto a stare in piedi mentre mi lanciavano scariche elettriche ai testicoli dalle sei del mattino a tarda sera”.
Il rapporto riapre in Brasile il dibattito sugli anni della dittatura, facendo bruciare ferite sempre aperte, mettendo il Paese, o perlomeno una parte di esso, davanti alla sua sporca coscienza.