Gli occhi dell’Isis sul gasdotto della Libia

Il Califfo in Libia punta a colpire la pipeline più lunga del Mediterraneo. Gli occhi dell’Isis sul gasdotto che rifornisce l’Europa. Gli italiani rapiti lo scorso luglio, due dei quali sono stati uccisi, lavoravano sulla condotta.

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Gli occhi dell’Isis sul gasdotto della Libia (foto euronews)

L’Isis mette gli occhi sul gasdotto della Libia. Il Califfo punta a colpire la condotta più lunga del Mediterraneo. I quattro italiani rapiti a luglio (due dei quali sono stati uccisi), tutti dipendenti della Bonatti di Parma, lavoravano su questa infrastruttura.

Il rapimento era avvenuto nella zona di Mellitah, vicino al compound dell’Eni. E’ qui che c’è la stazione di compressione del gas libico, il punto dove origina il gasdotto Greenstream. Si tratta del metanodotto che rifornisce l’Europa. L’altro è quello che passa dall’Algeria.

Greenstream è lungo 520 km. E’ una pipeline sottomarina che fa viaggiare il gas a una profondità di circa 1100 metri. Completato all’inizio del 21° secolo, il gasdotto collega la Libia con Gela, in Sicilia, vicino alla raffineria Eni ora riconvertita a impianto di produzione dei biocarburanti.

Greenstream trasporta in Europa 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Due miliardi di gas servono all’Italia. Il resto va in Europa, per lo più Francia. Il metanodotto è gestito da una proprietà italo-libica: una società mista composta dall’italiana Eni e l’agenzia petrolifera libica National Oil Corporation.

Il gasdotto è una infrastruttura appetibile per tutte le bande e le tribù libiche che si contendono le fonti energetiche (oltre al territorio) dopo la caduta di Gheddaffi nel 2011. L’Eni aveva trasferito in Italia gran parte del suo personale dall’inizio del conflitto libico.

Gli occhi dell’Isis sul gasdotto libico sono evidenti. Il Califfo vuole impossessarsi del gas che arriva a Gela e poi in Europa. In questo modo assesterebbe un colpo all’economia italiana che dipende in parte da petrolio e gas della Libia. A Sirte, l’Isis si è già impadronito delle riserve petrolifere, che sono il 60% di quelle di tutto il Paese. Completare l’opera prendendosi tutto il petrolio è un boccone troppo ghiotto per i jihadisti dello Stato Islamico.

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