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Fine anno africano. Le crisi di Libia e Somalia

Fine anno africano. Le crisi di Libia e Somalia

Caos libico e destabilizzazione somala. Non c’è pace per i due paesi africani. Libia e Somalia occupano lo scenario internazionale.

Libia e Somalia occupano la cronaca di politica internazionale della settimana che chiude il 2021. Nel primo paese continua a non decollare la transizione politica e l’avvio di un processo per il ritorno all’unità. Nel secondo, aumenta la destabilizzazione politica oltre alla minaccia jihadista.

Il caos libico

Nel paese nordafricano non si sa bene cosa fare dopo il rinvio delle elezioni presidenziali che erano in programma il 24 dicembre. I veti incrociati delle diverse fazioni nel Parlamento libico hanno impedito di trovare un accordo sulla nuova data. I 120 deputati condividono però in maniera unanime che la data del 24 gennaio, proposta dalla Commissione Elettorale Nazionale, sia irrealistica.

In Libia permane quindi un clima di tensione per una transizione politica più volte annunciata e mai avviata. Sono in molti a mettere sul banco degli imputati Abdelhamid Dbaibah, il premier del governo di transizione. L’accusa è di non avere creato un clima favorevole al voto. Che in realtà vuol dire che il premier non doveva candidarsi alle elezioni presidenziali (ho spiegato la questione in questo post).

Una parte del mondo politico libico ritiene inoltre che il governo di transizione di Dbaibah abbia concluso il proprio mandato. Quest’ultimo in effetti doveva finire con le elezioni del 24 dicembre. Occorre quindi formare un nuovo governo provvisorio in attesa del voto presidenziale.

Una Libia confederale?

Intanto, si fa sentire anche la pressione internazionale. La Turchia ha aperto al dialogo con il generale Khalifa Haftar e il candidato alla presidenza Aquila Saleh, presidente dimissionario del Parlamento.

Ankara ha sostenuto il governo di Tripoli che controlla la parte occidentale della Libia in contrapposizione alla parte orientale. Qui domina il generale Haftar, appoggiato da Egitto e paesi del Golfo, e vi ha sede il Parlamento libico nella città di Tobruk. L’anomalia libica è proprio questa divisione tra est e ovest: il Parlamento provvisorio si trova a Tobruk nella parte orientale; il governo ha sede a Tripoli in quella occidentale.

La Turchia ha molti affari in Libia, inclusi i progetti per la ricostruzione libica, e due accordi di cooperazione in materia di difesa e economia. Nel secondo caso, il governo turco ha proposto a quello libico la creazione di una zona economica esclusiva nel Mar Mediterraneo. Un’intesa, quest’ultima, che non può non preoccupare i Paesi del Mediterraneo. La prospettiva inquieta in particolare Italia, Francia e Grecia.

La Somalia traballa

Dalla Libia alla Somalia il passo è breve, almeno sulla carta. Il Paese del Corno d’Africa vive una crisi politica interna che va a aggiungersi alla situazione già pesante di minaccia continua da parte del gruppo terroristico al-Shabaab.

A Mogadiscio è in corso uno scontro politico tra il presidente somalo Mohamed Abdullahi Mohamed, detto Farmajo, e il premier Hussein Roble. Al centro della querelle ci sono le elezioni parlamentari il cui voto è iniziato il 1 novembre e doveva concludersi il 24 dicembre. In realtà la consultazione elettorale è ancora in corso e Roble accusa il presidente di avere ritardato le operazioni elettorali.

I due si sono scambiati pesanti accuse reciproche inclusa quella di corruzione. Tanto che il presidente Farmajo ha sospeso il premier Roble.

Un’escalation dello scontro politico è l’ultima cosa di cui la Somalia ha bisogno, stremata dagli attacchi periodici dei miliziani di al-Shabaab, l’organizzazione terroristica jihadista affiliata a al-Qaida e fondata dal defunto Osama bin Laden.

La tensione non dà segno di attenuarsi e il presidente è accusato di avere fatto un colpo di Stato mascherato con la sospensione del primo ministro. I rischi di destabilizzazione aumentano anche con alcune spinte autonomiste che arrivano dalla regione del Puntland, dove nei giorni scorsi sono avvenuti scontri tra i militari governativi e quelli regionali.

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