I numeri in Parlamento mostrano che non c’è alcuna maggioranza di due terzi per modificare la Costituzione. E il Senato è a maggioranza appena sufficiente.
Che la coalizione di centro-destra che ha vinto le elezioni politiche 2022 abbia la maggioranza schiacciante di cui parla tutta la stampa italiana e non, è discutibile.
Cominciano a sgombrare il campo rilevando che i tanto ambiti due terzi del Parlamento non ci sono. Pertanto, la revisione costituzionale proposta da Giorgia Meloni & c. per la svolta presidenzialista avrà vita dura.
Di questo la stampa italiana e estera sembrano essersi dimenticate.
Su questo la Costituzione Italiana, della quale il presidente della Repubblica è il principale garante, parla chiaro.
Per modificare la Costituzione ci vogliono due sedute in ciascun ramo del Parlamento a distanza di tre mesi dalla prima votazione alla seconda.
Nella prima votazione è possibile avere il voto favorevole della maggioranza dei presenti. Nella seconda invece occorre ottenere la maggioranza assoluta (cioè la maggioranza dei componenti).
Se nella seconda votazione la maggioranza raggiunge i due terzi dei componenti, allora il Presidente della Repubblica promulga la legge di revisione costituzionale.
Se non raggiunge i due terzi il Presidente della Repubblica fa pubblicare comunque il testo di legge per conoscenza che rimane a livello di progetto.
Entro tre mesi dalla pubblicazione è possibile chiedere un referendum costituzionale da parte di un quinto dei parlamentari, oppure 500.000 elettori o cinque consigli regionali. Se la consultazione referendaria boccia il progetto, la revisione salta. Se lo promuove, il Presidente della Repubblica promulga la legge di revisione costituzionale.
Solo nel caso in cui il referendum non viene chiesto entro tre mesi, il progetto di revisione diventa legge. Difficile quindi pensare che l’opposizione non ricorra al referendum dal momento che Giorgia Meloni e il centro-destra italiano non hanno una maggioranza di due terzi.
Il secondo aspetto da evidenziare è la “maggioranza appena sufficiente” al Senato. Con un quorum di 101 senatori e 115 senatori assegnati (nel momento in cui scriviamo), il centro-destra non starà sempre tranquillo sui tanti passaggi legislativi, potendo vantare circa 14 seggi di vantaggio. Ancora meno se si considera che vanno considerati i sei senatori a vita. Anche qui il futuro esecutivo avrà vita dura. Non a inizio legislatura, ma poi i mal di pancia cominceranno. E’ sufficiente qualche defezione o salto della quaglia (Forza Italia ha avuto tra i maggiori abbandoni nella scorsa legislatura) per mettere in crisi la tenuta della maggioranza al Senato.
Post scriptum: ironicamente prevedo una caduta del futuro governo tra la fine del 2024 e il 2025, tra circa due anni e mezzo, con elezioni nel 2025. La spiegazione è questa: nel 2023 si vota per le regionali (Lombardia), nel 2024 ci sono le Europee, nel 2026 si vota per grandi città come Milano e Roma. Rimane libero il 2025.