Il presidente Usa crede davvero di prendere il controllo della Striscia di Gaza? O ci sono altri obiettivi in gioco?
La visione di Donald Trump per Gaza, delineata durante la sua conferenza stampa con il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu il 4 febbraio, ha gettato una vera e propria granata in un Medio Oriente già instabile dal punto di vista della politica estera.
L’idea che gli Stati Uniti possano prendere il controllo della Striscia di Gaza è talmente irrealizzabile che non può essere considerata una vera opzione nel prossimo futuro.
Per questo motivo, analisti ed esperti di politica estera cercheranno di capire chi Trump stia cercando di mettere sotto pressione con una posizione così estrema, che potrebbe spostare i parametri del dibattito e sconvolgere la pianificazione del dopoguerra per Gaza.
Tutto questo avviene mentre sono in corso i negoziati per la seconda fase della tregua e dell’accordo sugli ostaggi tra Israele e Hamas, una fase che comincia ad affrontare questioni più politiche e strategiche relative al futuro e alla ricostruzione di Gaza.
Trump probabilmente sta cercando di fare pressione sui Paesi arabi affinché facciano di più per Gaza, minacciando un intervento diretto degli Stati Uniti nel caso in cui non prendano l’iniziativa.
Tra questi, ci sono i Paesi del Golfo, dai quali spera di ottenere finanziamenti per la ricostruzione di Gaza. Egitto e Giordania, pur non potendo accogliere i palestinesi sfollati per evidenti ragioni geopolitiche, economiche, di sicurezza e sociali, potrebbero essere chiamati a svolgere un ruolo più significativo nella sicurezza di Gaza, con l’obiettivo finale di impedire ad Hamas di mantenere il monopolio del potere e dell’autorità nella Striscia.
Ovviamente, indipendentemente dalle vere intenzioni di Trump, le sue dichiarazioni rischiano comunque di danneggiare gravemente la posizione internazionale e regionale degli Stati Uniti, alimentando ulteriormente la percezione diffusa che il Paese non abbia avuto un ruolo costruttivo nel conflitto di Gaza.