Jonathan Franzen è tornato. Crossroads è un viaggio cerebrale nella società degli anni ’70. Una grande fotografia della tradizione letteraria americana.
In un articolo dal titolo significativo, The Church of Jonathan Franzen, il magazine The New Yorker fotografa perfettamente Crossroads, l’ultimo romanzo di Jonathan Franzen. Ho letto con curiosità e attenzione l’ultima fatica letteraria dello scrittore dell’Illinois. Attendevo da tempo un ritorno di Franzen ai temi di realismo sociale, la corrente letteraria americana alla quale fa riferimento.
Non mi aveva entusiasmato “La fine della fine del mondo”, il racconto autobiografico ambientalista uscito nel pieno della pandemia. Mi era piaciuto l’estro creativo e il filo narrativo di Purity, un romanzo social figlio dei tempi attuali. Crossroads è invece figlio de “Le correzioni”, un’opera complessa dai contorni psicologici. Non lo ritengo alla stessa altezza de “Le correzioni”, che rimane a mio giudizio nell’olimpo dei testi sacri della cultura americana. Lo colloco però allo stesso livello, per l’intensità e l’indagine introspettiva, di “Libertà”.
Decisioni sbagliate e una fede distorta che distruggono i personaggi. Prendo ancora a prestito l’analisi del celebre magazine americano. In effetti la storia si snoda sulle vicende della famiglia Hildebrandt nei primi anni ’70 del secolo scorso. I temi ci sono tutti. Dalla fragilità adolescenziale alla crisi spirituale, dalle contraddizioni religiose alla droga, dal conflitto generazionale a quello tra fratelli e sorelle.
Jonathan Franzen descrive con maestria, con l’abilità che solo lui possiede, le vicissitudini della vita di una famiglia qualunque alla prova delle sfide che la vita presenta. La crisi matrimoniale tra i coniugi Hildenbrant è un racconto profondo dell’animo umano. Come di consuetudine, l’autore indaga profondamente nell’animo umano e nei pensieri dei suoi protagonisti. Quando si legge Franzen ci si immerge nella storia e si diventa parte di essa, entrando nella testa e corpo dei personaggi.
Il conflitto interiore del primo genito Clem ci trascina fin dall’inizio. Il travaglio intellettuale e moralista che lo porta a scegliere il Vietnam è la conseguenza della sua prima decisione di rinviare la chiamata alle armi grazie all’Università. Il risveglio moralista di Clem nasce per una ragazza, Sharon, che incontra in Università e nasce una storia d’amore. Lo stesso Clem riflette sul suo futuro da studente, chiedendosi se il rapporto sentimentale non danneggi il suo percorso di studi. Rimane fulminato dalla logica di Sharon il cui fratello è stato mandato in Vietnam mentre i pacifisti figli di benestanti protestano contro i militari come suo fratello che sono andati in Asia senza potersi rifiutare. Scatta in questo modo la scintilla che lo convince a abbandonare gli studi e a arruolarsi.
Clem torna a New Prospect, la città dell’Illinois dove vive la famiglia Hildenbrandt. E’ il periodo di Natale e la città, imbiancata dalla neve, si prepara per le feste. Vorrebbe parlare alla sorella, Becky, con la quale ha un ottimo rapporto. Non la trova, così come non trova la madre e il padre. Marion, figura complessa e difficile, frequenta in segreto uno studio psicologico. Il padre, il reverendo mennonita Russ, è a Crossroads, un esperimento sociale rivolto ai giovani della città all’interno degli edifici parrocchiali. Il nome è quello di una celebre song-blues di Robert Johnson, uno dei padri fondatori del blues del Mississippi.
Russ è una figura dalle mille contraddizioni, debole e insicura. Corteggia la vedova Frances Cottrell in maniera alquanto sgangherata tanto che salta all’occhio a tutta la famiglia l’invaghimento del padre. Marion si rende conto fin da subito e la situazione le apre un ritorno mentale alla sua vita passata, aiutata in questo anche dalla psicologa. Emerge un passato che nessuno conosceva e che la stessa Marion aveva cercato di rimuovere. Decide di raccontarlo a Perry, il terzo figlio e la figura più emotiva e più debole della famiglia.
Perry, che Marion considera il più simile a lei, è spavaldo e convinto della sua intelligenza superiore. Tenta un avvicinamento con la sorella Becky, che lo tiene a distanza per le voci sull’uso di stupefacenti. Perry assimila tutte le contraddizioni della famiglia e dal tunnel della droga in cui è entrato non riesce a uscire.
Dicevo del realismo sociale di Franzen. C’è molto Dickens e Steinbeck nei suoi romanzi. Quella venatura di attenzione al ceto sociale medio basso e alla società attuale che trascina a fondo i più deboli. C’è anche la vanità e profondo senso di dignità di Jane Austen. Lo scrittore dell’Illinois, maestro riconosciuto del discorso indiretto, stupisce a ogni libro. Crossroads sa molto di blues, come d’altronde fa intendere il suo titolo. E immerge il lettore nella stessa sofferenza interiore che ci trasmette la musica di Robert Johnson.
Pillole:
Jonathan Franzen
Crossroads
Giulio Einaudi Editore, 2021. Pagine 640.
Valutazione critica: ****
*insufficiente; **sufficiente; ***buono; ****eccellente; *****straordinario